La sorpresa Usa: l’economia che cresce con pochi consumi e senza lavoro

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Come spesso accade, ieri la prima ventata di ottimismo dopo la diffusione dei dati ha provocato una reazione di segno opposto in Borsa: indici in calo per il timore di un ritiro dei sostegni monetari all’economia fin qui garantiti dalla Federal Reserve. Che dovrà mantenere l’impegno a chiudere la fase degli interventi straordinari non appena il sistema sarà in grado di reggersi sulle sue gambe.
Ma quel numero, 3,6%, non riflette una reale accelerazione del ritmo di crescita dell’economia americana e i timori di un anticipo a dicembre del cosiddetto «tapering», la graduale riduzione degli acquisti di titoli da parte della Banca centrale Usa, sono con ogni probabilità infondati. Negli Stati Uniti il Pil del terzo trimestre è stato, infatti, gonfiato da un’espansione anomala delle scorte di magazzino delle imprese (116 miliardi di dollari invece degli 86 calcolati in precedenza). Al netto dell’effetto «inventory», la crescita è leggermente inferiore a quella (2,5%) del trimestre precedente. E fra tre mesi ci troveremo a commentare una presunta frenata dell’economia Usa con un Pil che crescerà molto poco (forse dell’1%) per effetto del blocco delle attività di governo per gran parte del mese di ottobre e anche per l’impatto di questo accumulo di scorte.
Detto tutto ciò, il panorama dell’economia Usa rimane assai più positivo di quello dell’Europa: ritrovata stabilità del sistema, crescita moderata ma sicura (2% medio quest’anno, forse il 3% nel 2014), «boom» energetico, ripresa delle manifatture grazie ai bassi costi di produzione. La crescita dei consumi interni è modesta (1,5%) ma c’è. C’è anche il timore di un’altra bolla finanziaria, è vero, ma la crescita dei posti di lavoro indica che il motore dell’economia gira nel modo giusto, anche se la velocità rimane bassa: una ripresa pressoché «jobless» che alimenta anche una distribuzione sempre più diseguale dei redditi. Nell’allarme di Obama su questo fenomeno c’è anche il tentativo di distogliere l’attenzione dai guai della riforma sanitaria, ma è qui il nodo sociale e politico più rilevante per il futuro dell’America.
Massimo Gaggi


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