Scuola, crollano i falsi miti “Classi pollaio e senza pc è qui che si impara di più”

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L’OCSE promuove le classi-pollaio italiane e boccia il tablet che non serve a migliorare le performance degli alunni. Anche la presunta bravura delle ragazze rispetto ai compagni si scioglie di fronte all’evidenza dei numeri. Due giorni fa, l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha presentato i risultati del “Pisa” sulle competenze in Lettura, Matematica e Scienze degli adolescenti di 65 paesi. E, al di là del piccolo passo avanti dell’Italia rispetto al 2009, non mancano le sorprese.
Crollano una serie di luoghi comuni di fronte ai dati forniti dall’istituto di Parigi. Il primo riguarda le cosiddette classi-pollaio. Incrociando i dati dei questionari sulle competenze con quelli compilati dai dirigenti scolastici, dai genitori e dagli stessi studenti sulle condizioni sociali e organizzative dei sistemi educativi, si scopre che le migliori performance si ottengono nelle scuole dove le aule sono più affollate: con 26/30 alunni per classe. «Non è una novità, studi precedenti hanno già evidenziato che è questo il numero ottimale: al di sotto diminuiscono le interazioni orizzontali tra gli alunni che favoriscono l’apprendimento, al di sopra l’eccessivo affollamento lo rallenta », spiega Benedetto Vertecchi pedagogista e docente all’università di Roma tre.
Anche il primato delle ragazze sui ragazzi viene messo in discussione dall’indagine. Ai voti più alti negli esami di terza media
e di maturità delle ragazze non seguono analoghi exploit nei test del Pisa: in Lettura prevalgono le prime ma in Matematica e Scienze i ragazzi si rifanno. I migliori alunni sono nelle scuole pubbliche e non nelle private.
Non solo. L’uso delle tecnologie per la didattica poi non sembra favorire l’apprendimento. Nelle scuole dove la maggior
parte degli studenti usa internet durante le ore di lezione i risultati deludono le aspettative, laddove invece internet non si usa affatto o si usa col contagocce le cose vanno meglio. Stesso discorso per il tablet e gli e-book. «Anni fa la contea di Los Angeles — continua Vertecchi — ha messo in campo una forte informatizzazione delle scuole spendendo
un miliardo di dollari. Poi si sono accorti che tablet e internet sono “armi di distrazione di massa” e hanno fatto marcia indietro ». Il trend si inverte se l’uso del computer e del web avviene per studiare a casa. «A scuola — dice Mauro Palumbo, docente dell’università di Genova, che da anni si occupa di valutazione dei processi e dei sistemi educativi — gli studenti possono usare le tecnologie per fare altro. Mentre a casa l’uso è calibrato alle proprie esigenze». «Mi sembra invece strano — continua — che l’uso del tablet possa dare questi risultati. Forse il professore non lo sa usare o lo studente è guidato male dall’insegnante». È invece certo che negli istituti con biblioteche ben fornite le performance crescono. Mentre la carenza di computer sembra pesare meno sugli esiti del test. Vittoria della carta sul silicio? «I libri — dice lapidario Palumbo — li sanno usare tutti mentre i computer no».
L’ultimo luogo comune a franare è quello sui finanziamenti: nonostante il taglio di 3 miliardi di euro nella scuola in tre anni, l’Italia sale in classifica anche se continua a mantenersi nelle zone basse. Ma i dati dell’Ocse forniscono anche conferme. Nelle scuole più accoglienti — con riscaldamenti, impianti di climatizzazione e illuminazione efficienti — si impara di più.


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