Il Pdl è lacerato E il Cavaliere ne prende atto

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Mostra un Berlusconi intrappolato in un partito che non lo segue più docilmente; e che appoggia il governo delle «larghe intese» rispetto ai suoi interessi. E stavolta non si tratta della lite con Gianfranco Fini, l’allora presidente della Camera con cui ruppe nel 2010.
Davanti ha un terzo dei senatori del Pdl e una pattuglia di deputati e dirigenti locali. Per questo ieri sera, dopo altri colloqui, Berlusconi avrebbe tentato di smussare il documento da presentare oggi al consiglio nazionale. Voleva evitare una frattura che i peana dei «lealisti» e le minacce al vicepremier Alfano non riescono a ridurre a un’insubordinazione. È probabile che molti dei voti del Pdl saranno travasati in Fi: l’ex premier se li può in buona parte intestare. Ma la lacerazione ufficializzerebbe la fine della sua leadership.
Consegnerebbe Berlusconi alla decadenza e al «dopo» in una condizione di solitudine e di debolezza; e all’opposizione del governo di Enrico Letta. L’incitamento alla resa dei conti da parte degli oltranzisti è stata raffreddata dal tentativo di frenata del loro capo. Ma per poco. Nel pomeriggio di ieri il messaggio era: «Chi non si riconosce più nei valori del nostro movimento è libero di andarsene». Sembrava l’appello finale ai governativi a piegarsi o uscire. Ma poi Berlusconi spiegava che «se Fi rischiasse una deriva estremistica, sarei io a non riconoscermi più». E ancora: «Perché i moderati italiani dovrebbero unirsi a noi, quando fossimo noi i primi a dividerci?».
L’ennesima maratona di un incontro con Alfano ha dimostrato che vorrebbe non rompere, nonostante l’ipoteca pesante dei «falchi» decisi a liberarsi del vicepremier e possibilmente del governo. Si è parlato di una riunione dell’ufficio di presidenza convocato nella notte per scongiurare la scissione: notizia smentita poco dopo. Significa che oggi Berlusconi si presenterà con un partito spaccato e l’assenza vistosa dell’ala governativa; e che ormai è ostaggio delle componenti più radicali e antigovernative. Sarebbe difficile, a quel punto, negare che la trasformazione del Pdl in Fi non preluda anche ad una mutazione del partito in direzione dell’estremismo, in competizione col movimento di Beppe Grillo.
La situazione rimane così in bilico che nel caos di ieri sera non si escludeva nemmeno un Alfano capace di strappare un compromesso. Il suo obiettivo rimane quello di tenere separate la decadenza di Berlusconi da parlamentare e la durata del governo delle «larghe intese». Ma sarebbe la seconda virata in extremis del Cavaliere, dopo il dietro-front in Senato del 2 ottobre scorso. Gli oltranzisti non vogliono mediazioni e mettono il veto, e i governativi preparano gruppi parlamentari autonomi. Se è vero che la paura più viscerale del Cavaliere è cosa gli potrà succedere dopo il voto fissato al Senato il 27 novembre, avere alle spalle un partito unito lo farebbe sentire più protetto. Ma sembra che ormai sia troppo tardi.


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