Obama si piega: modifiche alla sanità
NEW YORK — «Mea culpa conference», l’hanno soprannominata i corrispondenti dalla Casa Bianca che hanno assistito all’ennesimo episodio di «Obamacrucis»: «Obamacare», la riforma sanitaria del presidente che, paralizzata da malfunzionamenti tecnici e con milioni di americani furenti che stanno perdendo le loro cure mediche, diventa la sua «via crucis». Vie d’uscita praticabili subito non ce ne sono, il presidente è costretto a barcamenarsi tra scuse e correzioni di rotta che difficilmente saranno risolutive.
Ieri Obama ha annunciato una misura amministrativa che, se non proprio risolvere, dovrebbe almeno tamponare il problema dei milioni di assistiti che stanno ricevendo lettere di disdetta dalle assicurazioni perché le loro polizze (valide solo fino al 31 dicembre) non rispondono ai requisiti minimi di servizio stabiliti dalla riforma. Il presidente, che aveva promesso che tutti quelli che lo desiderano potranno tenere la vecchia polizza, era stato sollecitato da Bill Clinton a prendere il torno per le corna, cambiando la legge se questo è necessario per mantenere il suo impegno.
Obama, convinto che al Congresso verrebbe stritolato dei repubblicani se andasse a chiedere un’altra legge, ha scelto una strada diversa: un atto amministrativo che autorizza le assicurazioni, in deroga alla legge, a mantenere attive ancora per un anno (tutto il 2014) le vecchie polizze non a norma che queste compagnie hanno appena disdetto. Una misura controversa, di dubbia efficacia e che, ponendo tutti gli oneri amministrativi a carico delle assicurazioni, le fa infuriare: i loro rappresentanti avvertono che si tratta di un «pasticcio totale, che destabilizza i mercati», e che, oltre al lavoro amministrativo aggiuntivo da svolgere in pochi giorni per milioni di utenti, c’è un problema di tariffe. Quelle per il 2014 sono state definite in base alla nuova situazione che doveva crearsi con la riforma. Se quel sistema salta, tutti i calcoli sono da rifare. E il costo delle polizze salirà.
Ci sono, poi, parecchi dubbi sull’applicazione del provvedimento: «Dubito che un intervento simile possa essere fatto con una misura amministrativa, vedremo se tutto ciò è legale», dice il capo della maggioranza repubblicana alla Camera John Boehner, che conferma, per oggi, un voto dell’aula per modificare e depotenziare la riforma. Un voto al quale, nel caos di Obamacare che rischiano di pagare caro alle prossime elezioni, anche alcuni deputati democratici sono tentati di aderire.
Boehner è ben felice di girare il coltello nella piaga, ma qualche dubbio deve averlo anche il presidente, se ieri ha aggiunto che il provvedimento appena varato «non risolverà i problemi di tutti ma dovrebbe aiutare un sacco di gente». E da lunedì il ministro della Sanità Katherine Sebelius dovrà spiegare la misura ai singoli Stati che possono anche decidere di non applicarla. Ma adesso la Casa Bianca deve gestire di nuovo un rapporto ad alta tensione col Congresso. E oltre ai repubblicani, sul sentiero di guerra ci sono alcuni democratici. Oltre che coi cittadini, è con loro che ieri Obama si è dovuto scusare: «Capisco la loro frustrazione, che è anche la mia». Il presidente ha tentato di limitare i danni, prima reagendo alle accuse caricaturali di chi lo descrive come uno stupido: «Vengo accusato di tante cose, ma vi sembro il tipo che una settimana prima dell’applicazione di questa grande riforma va in giro dicendo che sarà come fare shopping su Amazon?». Poi, però, usando un linguaggio da football americano, ammette: «Mi è scappata la palla di mano e più di una volta. Ero convinto che il sistema avrebbe funzionato, non sapevo dei suoi difetti. Ma il capitano della squadra sono io, le colpe sono mie».
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