CARO CARDINALE SCOLA, NON ARRENDIAMOCI AL DIO MERCATO

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Si parla inoltre di installare sul tetto una terrazza-bar: anch’essa, come l’ascensore, avrebbe lo scopo di generare introiti per la stessa Fabbrica e/o per ditte private, a quel che pare pronte a sostenere le spese di costruzione e di gestione. Tali improprie addizioni alla splendida compagine del Duomo sarebbero opportune, si aggiunge, per attirare turisti in occasione dell’Expo 2015 e oltre.
Mi permetto di rivolgermi rispettosamente a Lei non perché io La ritenga responsabile o complice di progetti tanto singolari, ma perché il Duomo è la Sua chiesa cattedrale e perché, dunque, nessuno meglio di Lei può e deve comprenderne, impersonarne e difenderne la dignità storica, liturgica e artistica. Ma il Duomo di Milano non è solo del suo Vescovo né del Capitolo né della Fabbrica, e nemmeno dei milanesi. Appartiene a tutti gli italiani, in nome del principio costituzionale della pertinenza del patrimonio artistico alla sfera dei diritti della cittadinanza. Appartiene a tutti i cittadini del mondo, in nome della sua storia insigne e dei valori religiosi ed estetici che incarna.
Perciò mi permetto di richiamare le due ragioni che rendono impraticabile, anzi barbarica, l’ipotesi di fare del Duomo il mero supporto per attività commerciali, nel segno di una resa di ogni altro valore (perfino della fede cristiana) al Dio Mercato. La prima ragione è la legalità: le norme di tutela della Repubblica vietano di imporre a un monumento storico queste e simili sconvenienti escrescenze. Lo confermano le forti perplessità espresse dalla Direzione Regionale ai Beni Culturali nonché i pareri negativi della Soprintendenza ai Beni Architettonici (che ha rilevato l’incompatibilità delle progettate strutture con la sicurezza dei visitatori, per la limitatezza delle vie di fuga) e della Soprintendenza Archeologica, che ha fatto notare che il previsto scavo nel sottosuolo (per circa 30 metri), oltre a creare problemi statici, inciderebbe in una preziosa zona archeologica.
Ma se questi argomenti sono di carattere locale e specifico, ancor più forte è un’altra considerazione, che ha carattere (quanto meno) nazionale. L’Italia ha migliaia di monumenti storici dall’alto dei quali sarebbe possibile osservare interessanti panorami urbani. Dobbiamo forse immaginare che ogni campanile, ogni cattedrale, ogni palazzo pubblico debba essere
svilito aggiungendovi ascensori e terrazze-bar e noleggiando i monumenti a ditte private che non vi vedono altro se non un’occasione di profitto? Dobbiamo forse pensare che è per questo che le generazioni passate, che hanno costruito e ci hanno donato l’Italia che amiamo, hanno edificato le nostre città e le nostre chiese? Dobbiamo forse suggellare per sempre, perfino nelle chiese, l’idea che il denaro è l’unico valore corrente? Una sola parola viene in mente per definire l’idea-base che una chiesa debba servire di supporto ad attività di intrattenimento commerciale. Questa parola è : simonia.
In questi giorni, il Papa ammonisce il mondo che «seguire gli idoli del potere, del profitto, del denaro, al di sopra del valore della persona umana, è diventato norma fondamentale di funzionamento e criterio decisivo di organizzazione. Ci si è dimenticati e ci si dimentica che al di sopra degli affari, della logica e dei parametri di mercato, c’è l’essere umano e c’è qualcosa che è dovuto all’uomo in quanto uomo, in virtù della sua dignità profonda: offrirgli la possibilità di vivere dignitosamente e di partecipare attivamente al bene comune». Sono certo, Eminenza, che la chiesa di Sant’Ambrogio non vorrà contraddire su questo punto il Vescovo di Roma.


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