Cambogia e Bangladesh, la rabbia degli operai rivolta nelle fabbriche dei grandi marchi: un morto
Ieri alle porte di Phnom Penh una donna è morta e decine di manifestanti e poliziotti sono rimasti feriti quando un corteo di lavoratori della SL Garment Processing Ltd. s’è diretto verso la residenza del premier Hun Sen. La fabbrica rifornisce celebri ditte europee e americane, fra queste Gap e H&M. La donna, che vendeva riso nelle vicinanze della protesta, è stata colpita da una pallottola al petto durante gli scontri. Tra i feriti, anche cinque monaci buddisti nella pagoda dove s’erano rifugiati dei manifestanti.
Gli operai dell’industria tessile, che conta 500 fabbriche ed esporta verso gli Usa e la Ue prodotti pari a 4 miliardi l’anno, chiedono un aumento salariale e migliori condizioni di lavoro. In Cambogia sono rappresentati da un sindacato, l’Unione democratica. Ai lavoratori del Bangladesh il governo proibisce l’organizzazione sindacale. Ancora ieri migliaia di operai bengalesi sono scesi in piazza a Savar e Ashulia, vicino alla capitale Dacca, per rivendicare un minimo salariale di 100 dollari al mese (dai 66,25 attuali): 80 sono stati feriti negli scontri con la polizia, mentre 200 fabbriche restano chiuse. Circa 4 milioni di bengalesi, per lo più donne, confezionano abiti e scarpe in condizioni miserabili: in aprile, il crollo di una fabbrica ha ucciso 1100 persone.
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