Paura di scivolare verso una deriva di tipo grillino

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Ma per paradosso, il Pdl trasformato in Forza Italia, o meglio il Pdl governativo e la FI berlusconiana avviata all’opposizione, vivranno un ultimo momento di unità proprio in quell’occasione. Si dà per scontato che l’intero centrodestra si esprimerà contro l’uscita del Cavaliere dal Parlamento come conseguenza delle sentenze di condanna emesse dalla magistratura.
Subito dopo, però, ognuno resterà della propria idea sull’appoggio al governo delle “larghe intese” di Enrico Letta. E l’aspetto intrigante riguarda i numeri con i quali si consumerà la rottura del 16; e soprattutto le percentuali che definiranno la consistenza di “governativi” e “lealisti dopo il 27. Il vicepremier Angelino Alfano e i suoi seguaci hanno un timore, soprattutto: che Berlusconi abbia iniziato un’offensiva per farli apparire come traditori “alla Gianfranco Fini”. Oltre che per convinzione, anche per questo si schiereranno contro la decadenza. Da allora, però, è destinata a formarsi quella “nuova maggioranza politica” spuntata il 2 ottobre scorso in Senato con la fiducia al governo Letta; e annacquata dall’appoggio in extremis dello stesso Cavaliere.
Lo strappo è destinato a indebolire numericamente le “larghe intese” ma anche a renderle più omogenee. E, quasi di rimbalzo, a puntellare una legge di Stabilità che non riscuote grandi consensi e deve affrontare un percorso accidentato in Parlamento. In quel momento, si sarà aperto uno scenario del tutto nuovo: con una Forza Italia sospinta all’opposizione e su una linea di scontro frontale con Palazzo Chigi: tanto da far dire che il centrodestra rischia l’isolamento.
Lasciare la maggioranza significherebbe fare un regalo alla sinistra, che con molta probabilità avrà trovato in Matteo Renzi il segretario del Pd: sia che si vada alle elezioni, ipotesi tuttora ritenuta improbabile; sia che le “larghe intese” continuino nel prossimo anno e perfino oltre. Ma nella guerra dei numeri già in atto nel Pdl, la tesi dei ministri si scontra con la determinazione di Berlusconi a andare alla resa dei conti. Il Cavaliere non sembra spaventato né dall’idea di mostrarsi un leader incapace di unificare il proprio mondo; né dalla prospettiva di portare FI verso una deriva “grillina”. Enrico Letta ieri ha provato a dirgli che “il cupio dissolvi non porta da nessuna parte”.
Ma in risposta ha ricevuto solo accuse di ingratitudine. Decadenza più legge di Stabilità sono le due leve sulle quali Berlusconi punta per attaccare le “larghe intese” dei “traditori” e per accentuare una politica che tiene d’occhio anche l’elettorato antisistema di Beppe Grillo. Se il Cavaliere vuole prendersi quei voti, l’impressione è che finirà per ingrossare i movimenti populisti così temuti a Bruxelles a causa delle difficoltà dell’Ue. Le elezioni europee di primavera saranno il primo test per misurare la forza residua di un partito senza Berlusconi: sempre che la situazione non vada fuori controllo prima


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