Scontro sul reddito di cittadinanza

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ROMA — Ne parlano emozionati, come di un figlio appena nato. Il Movimento 5 stelle ha presentato ieri – dopo sette mesi in Parlamento – la proposta di legge sul reddito di cittadinanza. Il punto più importante e delicato del loro programma elettorale. Venti articoli, una platea di beneficiari di 9milioni di persone, una previsione di spesa di 19 miliardi di euro. Numeri subito contestati dal viceministro all’Economia, il democratico Stefano Fassina: «Le balle di Grillo sono sempre più grosse, quei conti sono a dir poco strampalati».
A lavorarci più di tutti sono stati il capogruppo alla Camera Alessio Villarosa, i deputati Marco Baldassare e Daniele Pesco, la senatrice Nunzia Catalfo. Ma già due settimane fa se ne era parlato in assemblea: «Alcuni avevano le lacrime agli occhi – raccontava Laura Castelli – voi non avete idea di cosa significhi per noi». La proposta ora è in Rete, sulla nuova applicazione del blog di Grillo che consente agli iscritti di dire la loro e proporre emendamenti. «L’abbiamo messa on line alle 13 e 30 e alle otto di sera gli interventi per migliorarla sono più di mille », racconta Pesco. Non sarà facile, leggerli tutti. Non è ancora chiaro, chi deciderà come e se integrare quel che è già scritto.
La legge propone un reddito netto di 600 euro al mese per tutti i cittadini dai 18 anni in su, che diventa un’integrazione al reddito per chi – ad esempio – ha una pensione di 400. E che in caso di famiglie non si somma completamente (un nucleo di due persone può arrivare a 1000 invece che a 1200, un nucleo di tre a 1.300). Un progetto ambizioso, e denso di pericoli, in un Paese in cui si annidano ampie sacche di evasione. Come evitare che a ottenere quei soldi siano persone che lavorano in nero, o che hanno altre entrate? «Se scoperti perderanno il reddito per sempre», spiega ancora il deputato lombardo. «Abbiamo previsto che ci siano controlli per tutti sia da parte dell’Inps che dell’Agenzia delle Entrate. Perderà il diritto all’indennità anche chi si presenterà ai colloqui dei centri per l’impiego con l’intento di farsi bocciare, o chi rifiuterà tre offerte congrue». Poi ci sono i “premi”: «Il 5 per cento in più per chi denuncia il suo datore di lavoro in nero». E gli incentivi: «Chi assume una persona che ha il reddito di cittadinanza può ottenere quella stessa somma come sconto sui contributi previdenziali per un anno». Le coperture prevedono un contributo di solidarietà dalle pensioni (percentuali minime su quelle basse, il 5 per cento per chi ha tra i 6000 e i 9000 euro, il 30 per cento per chi ne guadagna 24mila). Tagli drastici al ministero della Difesa, una patrimoniale sui beni sopra un milione e mezzo di euro (esclusa la prima casa), una tassa del 22 per cento sulle rendite finanziarie e del 27 su quelle speculative ottenute in 48 ore, altri fondi dal gioco d’azzardo.
Stefano Fassina parla con Repubblica di numeri astrusi e propaganda becera. «Per quell’intervento di miliardi ne servono almeno 30, gli interventi proposti non arrivano a 4». Poi, da politico più che da viceministro: «Io sono per il lavoro di cittadinanza, non per l’assistenza. Quella proposta, oltre a essere irrealistica, rinuncia a dare alla persona la dignità che solo il lavoro consente di raggiungere».


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