La Bce a sorpresa ritocca i tassi

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FRANCOFORTE — La Banca centrale europea ha tagliato i tassi di interesse di riferimento di un quarto di punto, a quota 0,25%, il livello più basso dalla costituzione della Bce. E ha prolungato le misure di concessione della liquidità illimitata (come le aste a una settimana e a tre mesi) fino al luglio 2015, quindi fino a dopo l’analisi dei bilanci delle banche e degli stress test. Lasciando ancora aperta la porta a ulteriori provvedimenti espansivi, come ha spiegato ieri il presidente Mario Draghi, dicendo che c’è «ancora spazio» per altre riduzioni del costo del denaro, mentre rimane «pronto a usare tutta l’artiglieria», gli strumenti a disposizione, per sostenere l’eurozona, mantenendo al tempo stesso l’orientamento di politica monetaria con tassi di interesse costanti o al ribasso (forward guidance ) per un periodo prolungato di tempo.
E questo perché, secondo Draghi, anche se «non c’è alcun rischio di deflazione», tuttavia l’inflazione è «bassa» e per giunta è calata «più del previsto» nel mese di ottobre. E la Bce prevede che rimanga a questi livelli «per un periodo prolungato di tempo», prima di tornare verso l’obiettivo del suo mandato, inferiore ma vicino al 2%. Nel frattempo, la crescita rimane «modesta e diseguale», la disoccupazione continua a rimanere «elevata», mentre i rischi sulle prospettive economiche continuano a rimanere orientati «al ribasso».
Una situazione troppo rischiosa, soprattutto per i Paesi in difficoltà. Che ha spinto la «grande maggioranza» dei 23 membri del consiglio direttivo a votare ieri in favore di un taglio dei tassi e delle altre misure, mentre gli altri governatori, come ha spiegato Draghi, avrebbero preferito aspettare altri dati e le previsioni di dicembre dello staff, prima di intervenire sui tassi. Fra questi ultimi anche Jens Weidmann, capo della Bundesbank, insieme a circa un quarto dei governatori. Nel frattempo, anche il Fondo monetario internazionale ha accolto positivamente il taglio dei tassi, come una «decisione pienamente giustificata dalle basse dinamiche d’inflazione e dalla sostanziale fiacchezza dell’economia».
Ma i provvedimenti hanno preso di sorpresa i mercati, che invece si attendevano da giorni un ribasso del costo del denaro soltanto in dicembre. Al punto che dopo un’ora di euforia contagiosa, i listini hanno ricominciato a perdere terreno, per chiudere in negativo, con Milano «maglia nera», in calo del 2,07%, Parigi e Londra in flessione dello 0,14% e dello 0,66%, e solo Francoforte è avanzata dello 0,44%.
Tuttavia, l’obiettivo dei banchieri centrali europei non sono i prezzi di Borsa, bensì (indirettamente) i tassi di rendimento di lungo termine, e questi sono calati su tutti i fronti, incluso quelli americani. E anche il differenziale fra Bund e Btp si è ridotto a 240 punti base, dai 244 di ieri, il minimo da cinque mesi, mentre il rendimento è calato a quota 4,095, riducendo ancora la forbice anche fra Roma e Madrid. Anche l’euro, giudicato da settimane dagli industriali europei troppo forte, al punto da diventare una minaccia per la crescita, è calato fino a quota 1,3295, prima di riprendersi in serata a quota 1,3401. La Bce «non persegue obiettivi di cambio», ha ricordato Draghi, anche se ammette che la moneta unica è «importante per la stabilità e la crescita».
D’altra parte, Draghi ci ha tenuto a spiegare che già nella prima dichiarazione di luglio sulla forward guidance era espressa chiaramente la possibilità di tassi «costanti o al ribasso» per un periodo prolungato di tempo. E secondo alcuni esperti, ieri era anche il momento più propizio per ridurre i tassi di interesse europei, prima che la Fed americana intervenga con il tapering , il ritiro graduale dei provvedimenti fortemente espansivi, fin dal primo annuncio del presidente Ben Bernanke, nel maggio scorso. E che potrebbe partire anticipatamente in dicembre, se la crescita continuerà a migliorare, come segnalano dati del Pil nel terzo trimestre salito del 2,8%.
Marika de Feo


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