Datagate, Nsa al contrattacco “Gli europei si spiavano tra loro per conto degli Stati Uniti”
NEW YORK — Un nuovo colpo di scena nel Datagate, stavolta è l’intelligence Usa che passa al contrattacco e rovescia le accuse sugli europei. Erano loro a spiarsi per conto nostro, dice in sostanza il capo della National Security Agency (Nsa). La clamorosa controffensiva del generale Keith Alexander è lanciata in un contesto autorevole: rispondendo sotto giuramento a un’audizione del Congresso. Il ribaltamento di posizioni, che rispedisce al mittente le polemiche di matrice europea, avviene mentre Barack Obama prepara mosse distensive verso Angela Merkel e gli alleati europei: è in vista la fine dello spionaggio sulle ambasciate presso l’Onu a New York. Più in generale, secondo le anticipazioni filtrate alla stampa dalla senatrice Dianne Feinstein, una colonna portante del partito democratico nonché presidente della commissione di vigilanza sui servizi segreti, nella riforma dell’intelligence può trovare spazio quell’accordo di “non-spionaggio fra amici” richiesto da Germania e Francia.
Lo sviluppo più sorprendente della giornata resta quello che avviene in aula al Congresso. Il generale Alexander attacca direttamente le ultime rivelazioni apparse sulla stampa europea, in particolare gli articoli dell’Espresso in Italia,
Le Monde in Francia, El Mundo in Spagna, sulle massicce attività d’intercettazione svolte in quei paesi. «Completamente false», le definisce Alexander, che poi aggiunge il dettaglio più nuovo e potenzialmente imbarazzante per l’Europa. «Quelle informazioni su cittadini europei — dichiara sotto giuramento il capo della Nsa al Congresso — non le abbiamo raccolte noi. Sono informazioni fornite alla Nsa da partner europei ». Dunque erano i servizi segreti europei a fare quel lavoro, per così dire, in subappalto. Poiché la smentita e la precisazione di Alexander si riferivano ad articoli ispirati dalle rivelazioni di Edward Snowden, il generale capo della Nsa non si è risparmiato una frecciata velenosa: «Chi ha trafugato quei dati, non ha neppure capito ciò che aveva davanti agli occhi». L’audizione di Alexander ribalta la situazione, rovescia sui servizi segreti europei l’onere di discolparsi. In precedenza il Wall Street Journal aveva anticipato la stessa notizia, attribuendola a fonti ufficiali dell’Amministrazione Obama: anche in quella versione, sono stati gli europei a spiare se stessi, per poi fornire i meta-dati o i contenuti delle intercettazioni ai Servizi Usa o ai loro più stretti collaboratori (i membri del club dei cinque paesi anglosassoni le cui strutture di intelligence sono integrate).
In attesa che gli europei si chiariscano con se stessi la consistenza delle ultime accuse, la Casa Bianca ha confermato che l’assetto delle agenzie preposte alla raccolta d’intelligence verrà riformato entro la fine dell’anno. In questo ambito Obama sta valutando la possibilità di sospendere le intercettazioni sui paesi amici, dichiarandole illegali. Mettere queste intercettazioni fuori legge è un passaggio forte, ma è l’unico che garantirebbe una vera efficacia. Come emerso negli ultimi giorni, è illusorio pensare che la Casa Bianca possa fare essa stessa la selezione tra chi ascoltare e chi no. Lo ha ribadito il capo supremo di tutte le 16 agenzie di intelligence, generale James Clapper, ascoltato anche lui al Congresso: «Non mettiamo al corrente il presidente e la Casa Bianca di tutte le nostre attività». Quando Obama disse di non essere al corrente dell’intercettazione sul telefonino della Merkel, dunque, diceva il vero. Questo suscita timori sull’ipertrofia di un Grande Fratello cresciuto a dismisura (soprattutto durante l’Amministrazione Bush), auto-referenziale, sciolto da un vero controllo dell’esecutivo. Clapper invece ha spiegato che è normale perché la Casa Bianca non può entrare in tutti i dettagli, pertanto approva linee guida, direttive generali che poi vengono riempite di contenuti dai vertici dei servizi.
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