E Grillo fa da sponda a tutti gli avversari delle «larghe intese»

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Oltre che una campagna di aggressione contro Giorgio Napolitano, quella di Beppe Grillo somiglia a un’intimidazione a tavolino nei confronti dei dissidenti interni. Il suo è un tentativo di riprendersi gruppi parlamentari indocili; e di rilanciare la strategia dello sfascio, esaltando il proprio ruolo antisistema.
Lo fa nonostante, o forse proprio per bilanciare, i risultati elettorali deludenti raggiunti nelle recenti elezioni in Trentino Alto Adige. Ipotizzare messe in stato d’accusa del presidente della Repubblica e voto anticipato è solo un modo per polarizzare l’attenzione e chiamare a raccolta i fautori della fine della legislatura. Grillo, che si definisce “un ex comico populista”, sembra offrirsi agli avversari del governo delle “larghe intese” come testa d’ariete.
Si ritaglia il ruolo di grande destabilizzatore, puntando a delegittimare l’istituzione che appare come l’unica in grado di arginare una deriva elettorale: il Quirinale, appunto. Eppure, sa benissimo di non avere nessuna possibilità di trasformare Napolitano in un imputato che ha attentato alla Costituzione. La sua pretesa «è assurda», lo rimbecca il premier, Enrico Letta. Ma a Grillo non importa, anzi. Essere additato come l’anti-Quirinale, così come l’anti-governativo e l’anti-europeo è il suo biglietto da visita per mobilitare l’universo degli scontenti.
Ieri, durante la sua conferenza stampa in Senato, gli è stato chiesto se gli attacchi a Napolitano non saranno un boomerang, visto il rispetto e la popolarità di cui gode il capo dello Stato. La sua risposta è stata difensiva. Grillo ha sostenuto che dai suoi sondaggi l’inquilino del Quirinale sarebbe all’ultimo posto in termini di «gradimento»: come dire che «il popolo» la pensa come lui. Arriva a sostenere che «se i partiti non ci sono più è grazie al M5S che ha affrettato la loro dissoluzione». Non si chiede come mai, nonostante i grillini, il tasso di astensione elettorale sia rimasto altissimo.
In realtà, il suo movimento intercetta solo in parte il malessere di un’Italia a caccia di una nuova offerta politica. Il M5S ha avuto il ruolo di rivelare, più che di provocare, la parabola finale della Seconda Repubblica. Ma la sua presenza in Senato nelle ore in cui si decide se votare per la decadenza di Silvio Berlusconi da parlamentare a scrutinio segreto o palese, fa capire che Grillo vuole essere della partita. Ufficialmente, come fustigatore del malgoverno e degli “inciuci” incarnati dalla maggioranza anomala di Letta. Di fatto, come sponda per qualunque manovra che abbia come obiettivo la desta


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