I sondaggisti e i dubbi sul brand Forza Italia: il Paese è cambiato

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Sia chiaro, i sondaggisti offrono prospettive tra loro diverse alla scelta di Silvio Berlusconi di tornare al simbolo che, a partire dal ’94, gli garantì il successo, ma su un punto da Nando Pagnoncelli ad Alessandra Ghisleri a Roberto Weber, tutti sembrano in sintonia: è l’italiano ad essere molto cambiato, da allora.
Di certo genera curiosità il livello di appeal che il ritorno di Forza Italia potrebbe avere sugli elettori, ma gli esperti di sondaggi garantiscono di non avere ancora dati, numeri, risposte: Alessandra Ghisleri promette di «avere i primi riscontri nei primi giorni della prossima settimana», ma — naturalmente — sulla base dell’esperienza, tutti hanno un’idea di ciò che potrebbe accadere.
Soprattutto perché il vecchio-nuovo simbolo, Forza Italia, troverebbe un Paese molto diverso da quello che fu: «C’è la crisi — precisa subito Nando Pagnoncelli (di Ipsos) — ed è quella, indiscutibilmente, la preoccupazione dell’italiano, oggi. Adesso l’elettore è molto meno tifoso, più pragmatico, e rispetto al passato perfino più disposto a entrare nel merito delle questioni. È una fase fluida, basta un niente per spostare voti ma di certo, nell’elettorato, c’è meno senso di appartenenza di prima, e molto meno rispetto a quando c’era Forza Italia. Gli ultimi vent’anni hanno lasciato un segno, nel Paese e nei comportamenti dei votanti, che oggi sembrano più attenti a questioni pratiche e disposti, per cercare di risolverle, anche ad accettare un governo che magari non è quello auspicato al momento del voto, com’è quello guidato da Enrico Letta». Alessandra Ghisleri di Euromedia Research si rifiuta di fare previsioni: «È un momento di difficile lettura, unico, stiamo lavorando per capire quanto possa valere il ritorno al simbolo. Ma di certo, adesso, la gente si pone nei confronti della politica in modo molto severo». Poi, naturalmente, Ghisleri precisa che «il marchio è amatissimo e Silvio Berlusconi è il leader ideologico di tutto il suo popolo». E però la domanda rimane: quanto vale, in termini percentuali, il ritorno al vecchio simbolo? «Di certo gli elettori vivono con frustrazione la politica e il valore del ritorno di Forza Italia può variare a seconda di molti elementi, a cominciare dalla percezione della gente: gli elettori la percepiranno come un’operazione di facciata oppure di contenuto?». Roberto Weber (di Ixé) ha una certezza: «Le scissioni sono sempre un elemento di debolezza, garantiscono perdita di voti, a tutte le parti coinvolte. Noi sappiamo che un 50-60 per cento dell’elettorato Pdl seguirebbe Berlusconi, ma la quota rimanente, evidentemente, no. E, altro dato sul quale riflettere, nel giorno in cui si ipotizza la creazione di un gruppo autonomo il Pdl perde tre punti percentuali. In più, adesso rispetto al passato, il populismo ha un rivale in più, che in effetti è in crescita». Lo conferma anche Nando Pagnoncelli: «Beppe Grillo era al 16 per cento a fine giugno e adesso è al 21. Del resto siamo l’unico Paese nel quale ogni governo alle elezioni successive perde». Rimangono, sull’ipotetico sondaggio legato al gradimento del ritorno a Forza Italia, numerosissime incognite: gli scissionisti faranno un gruppo autonomo? E la decadenza? E Alfano cosa farà? Variabili che, allo stato, non sono quantificabili. Quindi, evidentemente, i sondaggi possono attendere. Ma le opinioni dettate dalla conoscenza della materia, no: per Weber, allora, «bisogna certo tenere presente che Berlusconi ha notevoli capacità in campagna elettorale, quindi anche questa è una variabile da tenere in considerazione. E però il gradimento del quale gode il Cavaliere è soprattutto all’interno dei suoi elettori ma per il resto la sua immagine, all’esterno, non tra i suoi fedelissimi, appare logorata». E così, prima ancora di valutare il gradimento del ritorno a Forza Italia, Weber considera il cambiamento dell’Italia, degli italiani: «Rispetto a qualche anno fa è cambiato il contesto, i segnali dei sondaggi dicono che gli elettori hanno voglia di chiudere con il passato e un ritorno ad un simbolo già usato è, per me, non la strategia di un partito in espansione ma una mossa difensiva».
Alessandro Capponi


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