Thalys: Lobbying ad alta velocità

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Le lobby hanno le loro regole. Quando a Bruxelles arriva uno nuovo, Pierre gli insegna due metodi infallibili per incontrare un funzionario europeo senza appuntamento, cogliendolo di sorpresa. Dopo più di dieci anni trascorsi nella capitale Ue per rappresentare gli interessi di un grande gruppo industriale, questo affabile cinquantenne conosce tutti i trucchi del mestiere.

Il sistema più economico per “imbattersi” in un eurocrate consiste nell’aggirarsi nei dintorni di piazza Schuman, punto nevralgico del quartiere europeo, crocevia tra la sede della Commissione e del Consiglio, e nel farlo intorno all’ora di pranzo, quando tutti sono alla ricerca di un panino o di un ristorante. L’altro sistema, più dispendioso, è acquistare un biglietto di prima classe del treno Thalys che collega la capitale belga e Parigi, e viaggiare a bordo di uno dei treni che consentono di arrivare in orario alla prima riunione del mattino.

Bruxelles è un piccolo mondo e Thalys ne è un concentrato. L’occhio inesperto forse non si accorgerà di nulla. Infatti gli eurocrati non portano al collo uno di quei badge con l’accredito che consente loro di entrare senza problemi al Parlamento europeo, alla Commissione o nella brutta sede del Consiglio. E tuttavia sulla banchina si riconoscono, si lanciano spesso sguardi, si fanno segno da una delle confortevoli poltrone della prima classe. Sono funzionari, parlamentari, avvocati, dirigenti o lobbisti, e in un modo o in un altro partecipano tutti insieme a produrre le direttivi comunitarie.

Tutti coloro che fanno parte dell’élite europea francofona a Bruxelles e a Parigi sono costretti prima o poi a salire su un Tgv che collega le due capitali in un’ora circa. Talvolta vi si incontra José Manuel Barroso, come il 26 novembre 2010, quando il presidente della Commissione europea, di ritorno a Parigi, rimase al telefono per tutto il tragitto. Chino sul tavolino al suo posto, con la mano sul ricevitore del cellulare, il portoghese cercava di definire con discrezione i dettagli del piano di salvataggio dell’Irlanda, in pieno tumulto finanziario. All’altro capo del telefono c’erano Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e Jean-Claude Trichet. Se i suoi vicini a bordo del Thalys l’avessero saputo… In ogni caso quei borbottii a bassa voce sfociarono due giorni dopo in un piano definitivo per il bailout d Dublino.

Chiuso per un’ora e venti in uno spazio così ridotto, questo piccolo condensato di persone parla. Spesso per comunicare qualcosa serve poco più di un minuto. Un’occhiata, una frase lasciata scivolare da una poltrona all’altra o su una delle banchine ferroviarie. Tutto sta nel comunicare e nel farsi notare, aspetto importante in un ambiente saturo di informazioni.

Nel decennio scorso una direttiva relativa al settore ferroviario è stata ritoccata dopo un viaggio in Thalys di Jacques Barrot, all’epoca commissario europeo ai trasporti. Barrot si era trovato seduto davanti un lobbista di un grosso gruppo europeo. La discussione era ben presto scivolata sulla famosa legge allo studio, un punto minore della quale poneva problemi a quel gruppo. Per caso o per coincidenza, quel punto spinoso è stato abrogato una volta per tutte dopo una breve chiacchierata sul treno, seguita da un intenso scambio epistolare online.

Certo, per fare gli incontri giusti non si deve sbagliare treno. Alle undici di mattina le possibilità di imbattersi in un pezzo grosso europeo sono alte. Ma in quel momento della giornata è altrettanto possibile ritrovarsi accanto a un evasore fiscale all’estero, erede di una grande famiglia di industriali francesi, che urla al telefono facendosi sentire da tutti a bordo del vagone che “bisogna ricordarsi di tirare fuori tre pernici e il Château Latour per la caccia del fine settimana”. I suoi vicini di poltrona se ne ricorderanno ancora.

No, se si deve dare la caccia all’eurocrate, allora è meglio salire sul Thalys Bruxelles-Parigi il venerdì sera dopo le 17, quando i francesi che fanno parte della Commissione rientrano a casa. In alternativa, va bene anche la domenica sera, ma in senso inverso. L’ideale, in ogni caso, è prendere un treno nei giorni feriali di primo mattino. “Quelli delle 7.13 o delle 7.37 tra Bruxelles e Parigi sono i più frequentati” dice un habitué.

Meglio il sudoku

Vedere riunito in uno spazio così ristretto un concentrato di Bruxelles ha i suoi vantaggi. Tuttavia qualche rischio c’è. Se un bandito di altri tempi desse l’assalto al treno, come avveniva con le diligenze di un tempo, ripartirebbe con le braccia stracariche di tutti i segreti della politica economica del continente. Un avvocato assicura di “tenere sempre prudentemente in grembo le carte”. “Sul Thalys passo il tempo facendo sudoku e le parole crociate. Ho paura di essere spiato se facessi altro”, dice un lobbista. Barroso preferisce prenotare un salottino privato in fondo al convoglio per poter preparare discretamente i suoi appuntamenti parigini. A meno che non si tratti di salvare l’Irlanda, ovviamente.

Le ragioni per preoccuparsi degli sguardi indiscreti non mancano. Alcuni anni fa un funzionario europeo si è messo a lavorare a bordo del Thalys a un grosso dossier sulla concorrenza di cui si occupava la Commissione. Se si fosse voltato avrebbe visto che dietro di lui era seduto un giornalista. Il giorno seguente, quando i suoi capi hanno visto che un’agenzia di stampa anglosassone aveva pubblicato a caratteri cubitali un articolo sugli sforzi di Bruxelles per mettere a punto quel dossier sulla concorrenza, lo sfortunato eurocrate per poco non ha perduto il posto.

“Non sono a conoscenza di regolamenti specifici sulla sicurezza dei viaggi in Thalys”, confessa un funzionario europeo. Questa è la prova che l’opzione numero due di Pierre, il lobbista del gruppo industriale, pur essendo più cara porta i suoi frutti: non si è mai visto un eurocrate affamato spifferare qualche segreto mentre mangia di corsa un panino.

Traduzione di Anna Bissanti


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