Pd, i candidati si dividono anche sulla legge elettorale

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ROMA — «Renzi? Adesso faccia il sindaco di Firenze, poi da grande deciderà cosa fare. Non si possono avere due ruoli». Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria del Pd, «stuzzica» il rivale Matteo Renzi. Niente alleanze, per ora, anche se ammette che «l’unico ticket da scongiurare è quello sanitario…». È un botta e risposta a distanza, quello tra i due principali — stando ai pronostici della vigilia — duellanti. Il vecchio e il nuovo a confronto? «Non mi sento così. In campo ci sono idee e progetto per il Paese», insiste Cuperlo. Che aggiunge: «Segretario e premier? «Per quanto mi riguarda no, sono separati».
Una sfida nella quale, al momento, non ci sono possibili intese. Lo dice Renzi, in un’intervista all’Unità («parlarne adesso è prematuro, ma voglio davvero rottamare le correnti», il pensiero del sindaco di Firenze), e lo ribadisce Cuperlo: «In Italia, e nella sinistra, c’è il vezzo di anticipare l’esito delle competizioni: faremo una bella discussione, non solo sulle persone ma anche sulle idee, e credo ci siano diverse correnti». Il deputato pd, però, aggiunge: «Il congresso è appena iniziato e mi fa piacere che ci sia un clima sereno e di stima reciproca con Renzi».
Uno dei punti in discussione è la legge elettorale. Renzi, coi suoi parlamentari, accelera per superare il Porcellum, andare verso il doppio turno e «fissare» il concetto del bipolarismo («se vinco io, mai più larghe intese: anche da noi ci sono nostalgici del grande centro», ha ribadito anche ieri), Cuperlo sembra frenare: «La legge elettorale va cambiata, perché è un impegno morale con gli italiani, ma non lo si può fare a spallate e colpi di maggioranza: serve una condivisione più ampia di quella che sostiene il governo». Sull’impostazione di fondo, però, i due avversari sembrano d’accordo: «Va restituita ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, e la sera delle elezioni bisogna sapere chi ha vinto. No a operazioni neocentriste, dalla frontiera del bipolarismo non si torna indietro». Mentre la legge di Stabilità, secondo Cuperlo, va migliorata su «pensioni, specie quelle d’oro, esodati e politiche sociali».
Il clima congressuale, comunque, si surriscalda un po’ ovunque. In Sicilia, Pippo Civati denuncia la presenza di «cinquemila tessere in bianco», mentre anche nella Capitale sono partite le votazioni nei circoli per eleggere il segretario del Pd Roma che, nei difficili rapporti tra partito e Campidoglio, dovrebbe fare da «contraltare» a Ignazio Marino. In campo quattro sfidanti: Lionello Cosentino, appoggiato da Goffredo Bettini; il bersaniano Tommaso Michea Giuntella (era uno dei quattro della famosa foto col pugno chiuso vicino all’ex segretario), il renziano Tobia Zevi (nipote di Tullia) e la civatiana (e ricercatrice) Lucia Zabatta. Le votazioni andranno avanti fino al 2 novembre, ma è anche probabile che — alla fine — nessuno dei quattro superi il 50% dei consensi tra gli iscritti, necessario per vincere al «primo turno». In quel caso, deciderebbe il voto dell’Assemblea del partito, dove scatterebbe il gioco di alleanze tra le diverse componenti. E non è detto, a quel punto, che chi entra Papa in conclave non finisca per uscirne cardinale.
Ernesto Menicucci


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