Ue, l’onda alta del populismo che fa leva sull’immigrazione

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BRUXELLES — La pianta della paura e della diffidenza verso lo straniero dispiega le sue radici nell’Unione Europea. E intacca l’albero degli ideali europeisti. Questo rivela un sondaggio commissionato dal quotidiano britannico Financial Times nei 5 Paesi più importanti del continente. Per esempio: il 71% di tutti gli intervistati — italiani, tedeschi, britannici, francesi e spagnoli — auspica che il proprio governo riduca i benefici sociali concessi ai cittadini di altri Paesi della Ue. Proprio come richiedono da tempo partiti e movimenti populisti. I più decisi su questa linea sono i britannici (83% del campione), i più accomodanti gli spagnoli (60%) preceduti dagli italiani (66%), mentre francesi (72%) e tedeschi (73%) seguono molto da vicino la linea inglese. Probabilmente, se la domanda avesse riguardato i benefici accordati anche ai cittadini extracomunitari e non solo della Ue, le percentuali sarebbero state ancora più alte.
Il sondaggio — condotto su 5.206 adulti — è come sempre «sterilizzato», cioè non si addentra in tentativi di spiegazione. Ma è intuibile lo sfondo da cui germogliano certi sentimenti: dopo anni di crisi economica, e di forte pressione migratoria, a torto o a ragione c’è chi vede la propria posizione sociale insidiata da chi viene da «fuori».
La diffidenza riguarda però anche i valori dell’Europa, vista sempre più come un’entità lontana, iper-burocratica. Forse per questo, il 52% di tutti gli intervistati si augura che la Ue abbia «meno poteri di quanti ne ha ora». E qui, l’Italia si rivela per una volta più europeista degli altri: il 56% dei suoi intervistati scarta l’ipotesi, non vorrebbe cioè una Ue dalle prerogative rimaneggiate e un governo nazionale rafforzato.
La traduzione in politica di tutti questi umori è la risposta a un’altra domanda proposta dal sondaggio: «È probabile che lei voti per un partito euro-scettico nelle prossime elezioni europee, nazionali, o locali?». «Sì, è probabile», risponde il 19% del totale. E lo ripete poi in coro il 22% degli intervistati francesi, concittadini di Marine Le Pen. «Sì, è probabile», risponde anche il 25% degli intervistati britannici. E a sorpresa, sembra vicino a queste posizioni anche un elettorato tradizionalmente europeista come quello tedesco (il 18% è incline a votare per gli euroscettici). Più o meno dello stesso parere gli elettori italiani: il 19% risponde «probabile», il 9% «molto probabile», il 46% «improbabile», il 31% «molto improbabile» e così via. Coloro che sono disposti a sostenere concretamente un partito euroscettico sono dunque di meno di quelli che sposano in teoria certe battaglie populiste: evidentemente, sentimenti e umori faticano a tradursi in un voto, ma in Francia non è più così e anche altrove le cose potrebbero cambiare. Come temono ormai i leader della Ue.
Sugli scogli della diffidenza verso lo straniero, pare infrangersi quella che un tempo era celebrata come la solidarietà comunitaria, fra tutti gli abitanti della casa europea. Qui vale l’esempio della Romania e della Bulgaria, entrambi Paesi Ue ma finora non ammessi completamente nell’area Schengen: da gennaio lo saranno, e i loro cittadini avranno il diritto di lavorare in qualsiasi nazione della comunità. Ma altri europei, a quanto pare, non sono d’accordo con quest’apertura: il 53% di tutti gli intervistati disapprova, e in Francia si arriva al 63%. In Italia, i «no» scendono a quasi la metà: sono il 38% del totale gli italiani che vogliono sbarrare i cancelli di Schengen a chi viene dall’Est. Meno dei francesi, certo: eppure non pochi, e anche questo dato vorrà forse dire qualcosa.
Luigi Offeddu


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