Antimafia, la carta Picierno per superare i veti incrociati

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ROMA — Il tempo a disposizione è pochissimo. Dopodomani l’Antimafia dovrà darsi finalmente un presidente, onde evitare l’ennesima brutta figura. Guglielmo Epifani, ormai costretto a portare la croce del segretario-mediatore, ha promesso che troverà una soluzione per unire tutto il partito che, tanto per cambiare, è diviso.
La storia è più o meno questa: essendo rimasto a bocca asciutta rispetto a tutte le commissioni bicamerali, il Pd rivendica adesso la presidenza dell’Antimafia. Peccato, però, che non abbia trovato finora un candidato in grado di soddisfare tutte le anime interne, già normalmente propense al litigio, e divise più che mai ora che il congresso si avvicina. Si era fatto il nome di Rosy Bindi, nella speranza che, non al primo giro, ma almeno al secondo Sel e qualche grillino la potessero votare, dal momento che l’esponente del Pd non ha mai fatto sconti né a Berlusconi né al governo delle larghe intese. Ma è dentro casa che l’ex presidente del partito ha trovato gli avversari più convinti. E questo ha creato una situazione di stallo che ha lasciato tutti in imbarazzo e il Pd in grandi difficoltà.
Ma ecco che si profila una soluzione all’orizzonte. Una soluzione che potrebbe portare una piccola rivoluzione in Parlamento: quella di affidare la guida della presidenza della Commissione a Pina Picierno. Franceschiniana di ferro, schierata con Renzi al congresso, nata 32 anni fa a Santa Maria Capua Vetere, Picierno potrebbe rappresentare una novità e una carta a sorpresa che il Pd potrebbe giocare spiazzando le altre forze politiche. Non solo: a Bindi sarebbe difficile dire di no a una donna giovane che viene da una terra dove la criminalità organizzata è forte e che si è sempre occupata di questi problemi. Picierno, infatti, è vicina al gruppo Abele di don Ciotti, molto attivo nel Mezzogiorno, ed è in buoni rapporti con il magistrato anti-camorra Raffaele Cantone. Insomma ha più di un requisito per poter aspirare a quella poltrona.
L’identikit che Roberto Saviano ha fatto sulla sua pagina Facebook di chi, a suo giudizio, dovrebbe guidare la commissione le assomiglia molto: «Da aprile, cioè dall’inizio di questo governo, manca il presidente dell’Antimafia. Sono trascorsi sei mesi nei quali non si è trovato un accordo e i nomi proposti sembrano rappresentare più scambi politici che la volontà di scegliere la persona giusta per un ruolo cruciale e non di mera rappresentanza. Mai come in questo momento bisogna trovare una figura esperta, che conosca i territori, che sappia di cosa si parla quando si ha a che fare con le organizzazioni criminali, che abbia studiato come le mafie riescono a farsi strada nella società civile e a infiltrare il tessuto economico in Italia». E ancora: «Tutto questo è fondamentale per dare all’Antimafia un ruolo centrale laddove talvolta vengono scelti membri con scorie ambigue e veri e propri rapporti con la criminalità, per ricevere verginità dalla Commissione, per boicottarne i lavori, distrarne gli obiettivi. Ecco perché ci vuole un Presidente che conosca bene i meccanismi. Questo temporeggiare in un momento in cui i capitali criminali sono egemonizzati è irresponsabile e complice».
Insomma, un ritratto che si attaglia assai più a Picierno che a Bindi. Ed è proprio questo primo nome che attualmente è al vaglio del segretario Guglielmo Epifani.
I più maliziosi al Pd dicono che questa è l’ennesima operazione di Dario Franceschini per piazzare in un posto chiave un fedelissimo, anzi, in questo caso, una fedelissima. E raccontano che sarebbero stati i suoi, giocando di sponda con gli altri anti-bindiani del Pd, a favorire lo stallo dell’Antimafia per far uscire poi a sorpresa il nome di Pina Picierno.
Maria Teresa Meli


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