«Le tasse sono camuffate» L’attacco dei lealisti spacca di nuovo il Pdl

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ROMA — La legge di Stabilità divide le anime della maggioranza e viene bocciata dalle parti sociali con la Cgil e la Uil che parlano di mobilitazione. Il caso più forte è dentro il Popolo della libertà dove si riapre il «rodeo» contro il governo Letta da parte dei falchi che parlano di «tasse camuffate». Anche nel Pd si registrano mal di pancia con il renziano Luca Lotti, responsabile enti locali che, in un comunicato stampa, si dice preoccupato del «passaggio dall’Imu a Tasi che rischia di peggiorare le cose». E il viceministro all’Economia Stefano Fassina, sfogandosi con amici democrat, si sarebbe lamentato dello scarso coinvolgimento nella stesura della manovra realizzata in riunioni ristrette Letta-Alfano-Saccomanni arrivando a immaginare le dimissioni. Critica costruttiva quella di Mario Monti presidente di Scelta civica che in qualche modo prende le distanze dal suo ministro Mario Mauro: «Abbiamo delle riserve anche se la riteniamo soddisfacente per il rispetto dei vincoli europei».
Le riserve riguardano la «timidezza per la riduzione delle tasse, le risorse andavano trovate rimodulando l’Imu, favorendo i meno abbienti, e riducendo la spesa pubblica senza farsi intimorire dai sindacati e dagli enti locali». Insomma anche qui un bel distinguo.
Con la convocazione a palazzo Grazioli del segretario Angelino Alfano a ridosso del Consiglio dei ministri che doveva varare la legge di Stabilità(che è così slittato di due ore) Silvio Berlusconi aveva fatto capire che ora la danza l’avrebbero condotta le «sentinelle anti-tasse». E lo scossone è arrivato. La stilettata più dolorosa è firmata da uno dei coordinatori del partito e capo dei duri, Sandro Bondi: «Di questa stabilità l’Italia può morire, il provvedimento contiene molte tasse abilmente camuffate». Pronta la replica del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi: «Il Pdl e il presidente Berlusconi ci hanno sempre insegnato, e lo dico anche all’amico Bondi, che l’interesse del Paese viene prima anche del legittimo interesse del nostro partito». Ma i falchi non demordono. A raffica piovono note critiche di Daniela Santanchè («il governo non risolve i problemi, li sposta»), di Renata Polverini («manovra di galleggiamento simile alla Concordia») del capo dei lealisti Raffaele Fitto («misure inadeguate e prive di choc positivo»).
Molto gettonata la metafora della montagna che partorisce il solito topolino (Mariastella Gelmini, Ignazio La Russa, Ettore Romoli, sindaco di Gorizia). Gli alfaniani hanno subito risposto difendendo la manovra dell’esecutivo con Fabrizio Cicchitto che se la prende con chi «usa toni da ultima spiaggia che tradiscono solo l’ossessione di riproporre ad ogni occasione la caduta di questo governo». In serata il trio Gasparri-Matteoli-Romani ha tentato di fermare la nuova spaccatura spiegando che «non è più tollerabile questa gara di dichiarazioni contrapposte» e ha invitato i falchi a «giudicare il testo finale quando andrà in Parlamento ricordando che questo non è un governo di centrodestra ma di transitoria convivenza tra due parti diverse». Berlusconi media con Renato Brunetta impegnato a criticare la Rai.
Lo scenario intorno al governo Letta si sta dunque complicando. E l’invito alla saggezza del segretario del Pd Guglielmo Epifani che si è impegnato a migliorare il testo in Parlamento riconoscendo che sul cuneo fiscale «il governo aveva creato aspettative diverse», sembra non sufficiente a placare il dissenso a sinistra. Le parole del segretaro Cgil, Susanna Camusso, contro il ministro Saccomanni sono esemplari: «Dire che il Paese è fuori dalla recessione è sbagliato, la ripresa non ci sarà se non si realizza un riequilibrio sul reddito dei lavoratori dipendenti e pensionati». E il confederale Danilo Barbi si spinge a «pensare di fare una mobilitazione unitaria e già oggi cominceremo a discuterne».
Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi pur criticando la manovra ritenuta poco coraggiosa teme lo sciopero, lo ritiene «inutile» e invita tutti a «rimboccarsi le maniche per spingere nella direzione giusta il Paese». Il numero uno di Confcommercio Carlo Sangalli non boccia la finanziaria di Letta ma non nasconde la forte «delusione».
Roberto Bagnoli


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