Scontro al Senato, altro sì alla decadenza
ROMA — A Sant’Ivo alla Sapienza, nella giunta per le immunità, l’affaire Berlusconi si chiude com’era cominciato, la maggioranza di centrosinistra — Pd, Sel, Sc, M5S, Psi — si conferma contro il Pdl, rimasto solo a contrastarla, perché Lega e Gal danno forfait per malattia e per impegni. Finisce 15 a sei. Copione scontato. Anche l’ultima partita su Berlusconi e la decadenza da senatore termina in rissa. «Stefàno basta…questi sono metodi fascisti» grida Carlo Giovanardi, colomba Pdl ma vero falco nell’anima. Stefàno impassibile: «Eh no, è inutile che facciamo modifiche, tanto poi votate contro lo stesso». Elisabetta Casellati, lealista Pdl: «Non potete strozzare il dibattito così, rinviamo alla prossima settimana». I Pd Giuseppe Cucca, Stefania Pezzopane, Felice Casson resistono: «Siamo disposti a stare qui fino a domani mattina, ma la seduta non si chiude senza aver votato». L’argomento è dirimente, il rischio di saltare la cena è decisivo. Si vota alle 20 e 45, dopo tre ore scarse di seduta, occupate soprattutto dalle 41 pagine della relazione conclusiva scritta e letta da Dario Stefàno, il presidente della giunta per le elezioni e immunità del Senato, nella duplice veste anche di relatore sull’affaire Berlusconi.
Cronaca di battaglia quella di ieri sera, ma prima ancora di darne conto guardiamo a oggi, alle 15, quando si riunisce la giunta per il regolamento, al vertice il presidente del Senato Pietro Grasso. Scadenza doppiamente strategica, in vista dei tempi e della modalità del voto su Berlusconi in aula. In ballo c’è la richiesta dell’M5S di eliminare del tutto il voto segreto. Il Pd è contrario in generale, e soprattutto in coincidenza con Berlusconi, ma è convinto che proprio sulla decadenza si debba votare in chiaro perché si tratta di una questione che attiene alla composizione del Senato. È uno degli argomenti di punta della relazione di Stefàno. M5S è d’accordo col Pd, si sfila Scelta civica con Linda Lanzillotta («Il voto segreto su persone ha storicamente tutelato la libertà di giudizio dei singoli parlamentari»). Il Pdl prende tempo — Donato Bruno: «Non è questione che si risolve così, su due piedi, serve un’istruttoria» — ma c’è un argomento che risulterà determinante. Alla Camera, sin dal ’97 a seguito di una modifica del regolamento introdotta dall’allora presidente Luciano Violante, sulle questioni che riguardano l’insindacabilità dei parlamentari si vota a scrutinio palese, perché il voto prevalentemente non riguarda la persona, ma la funzione dell’organo. Esattamente lo stesso coté della decadenza, dove il fulcro del problema non è il destino del singolo parlamentare, ma quello dell’assemblea di cui fa parte e della sua integrità e trasparenza. Parlamento pulito, per l’appunto. Come dice Rosy Bindi «non dovrebbe esistere il voto segreto perché la coscienza del parlamentare è pubblica e non privata». Ma l’alfaniano Andrea Augello, regolamento alla mano, considera inutile ogni sforzo interpretativo per votare a scrutinio palese perché resta il potere di 20 senatori di chiederne uno segreto.
Tant’è, oggi si litigherà nella giunta del regolamento. Il Pdl vuole allontanare nel tempo la decadenza, il centrosinistra vuole chiudere al più presto la partita. Fine ottobre, massimo inizio novembre. Con un voto palese che, dicono i Pd, «dovrebbe far comodo pure al Pdl perché eviterebbe tra di loro i franchi tiratori». Ieri sera il Pdl si è scatenato proprio su questo, sui tempi. «Troppo stretti, mai successo» (Malan, Casellati, Caliendo). Contro Stefàno, che blinda la sua relazione facendone consegnare una copia a ogni senatore, con enorme stampigliatura del singolo nome su ogni pagina, in modo da renderla non divulgabile. A fine seduta la fa ritirare, tra le proteste di tutti. Oggi sarà distribuita ai capigruppo e consegnata a Grasso. A questo punto la capigruppo può mettere la decadenza nel calendario dell’aula Scrive Stefàno: «La giunta è organo geneticamente politico e non è un giudice». Questo fa infuriare il Pdl. Ancora: «La decadenza non è una sanzione penale né amministrativa, è un effetto collaterale ». Idem. Sempre Stefàno: «La giunta non è un giudice, non stiamo giudicando il diritto elettorale di un senatore, ma il fatto che in Senato ci stia uno che non ci può stare». Giovanardi: «Stiamo calpestando gli organi di garanzia…». Stefàno reagisce. Giovanardi: «Così faceva Mussolini…». Inevitabile una risata quasi collettiva…
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