Clemenza, tensione nella maggioranza Ma c’è un primo passo

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ROMA — La pietra che Giorgio Napolitano ha lanciato nello stagno della politica continua a generare ondate concentriche di riflessione e di polemica. Pd e Pdl litigano sul destino giudiziario di Berlusconi, ma finalmente il Parlamento si muove e sul sovraffollamento delle carceri interviene anche la Corte Costituzionale. La Consulta dice no al rinvio della pena per «condizioni disumane» di detenzione, non ritenendolo un motivo sufficiente perché il Tribunale del riesame rimandi il provvedimento. Ma al tempo stesso si dice pronta a intervenire nel caso in cui il legislatore dovesse restare «inerte» di fronte a carcerazioni «contrarie al senso di umanità».
Con lo scontro fra i partiti che non accenna a placarsi, il clima non sembra favorevole per affrontare temi delicatissimi come il dramma delle galere e la riforma della giustizia, eppure la Camera dei deputati batte un colpo e assegna la lettera del presidente della Repubblica alla commissione Giustizia. L’iniziativa è partita dal presidente del Misto, Pino Pisicchio, che ha ottenuto il via libera di tutti i gruppi parlamentari: la commissione avvierà un’istruttoria e l’intesa preventiva — se mai si dovesse concretizzare — sarà sottoposta al voto dell’Aula. È un primo passo per tradurre in provvedimenti di legge i «rimedi straordinari» che Napolitano suggerisce al Parlamento per alleviare le condizioni di vita dei carcerati. Per amnistia e indulto serve una maggioranza di almeno due terzi del Parlamento, Lega Nord e Movimento 5 Stelle si sono schierati contro e i partiti che sostengono il governo sembrano lontani da ogni possibile accordo.
I democratici frenano. Guglielmo Epifani difende Napolitano dalla «polemica offensiva e volgare» che Grillo gli ha scagliato contro, ma nella sostanza spiega che il partito intende muoversi su amnistia e indulto con i piedi di piombo, perché «il percorso è complesso e ci sono sensibilità nel Paese che vanno affrontate con grande cautela». I provvedimenti di clemenza indicati dal Colle «possono essere presi in considerazione», ma prima devono arrivare altri interventi: sulla ex Cirielli, sulla legge Giovanardi, sulla Bossi–Fini… Epifani ritiene che vadano esclusi «i reati già esclusi in passato», perché il problema non è solo svuotare le carceri «ma anche evitare con misure intelligenti che si riempiano di nuovo». Serve insomma una riflessione «a tutto campo», da fare «con attenzione» e da spiegare «bene» ai cittadini. Sia chiaro però che il Cavaliere, assicura Epifani, con la posizione del Pd non c’entra nulla: «La commistione con le vicende di Berlusconi non ha nessun senso». Angelino Alfano non ne è convinto e attacca, invita i democratici «a non trasformare tutto in un referendum su Berlusconi» e spera che il Pd «non traduca le parole di Napolitano in norme contro una persona». Per il Pdl la riforma della giustizia si deve fare in fretta e il segretario annuncia che il suo partito ne sarà «il motore».
I grillini si sono messi di trasverso e difficilmente cambieranno posizione, anzi. Dopo il botta e risposta di martedì, l’attacco al capo dello Stato si va intensificando. Beppe Grillo accusa il Quirinale di non essere super partes, ironizza sulle «lacrime napulitane» per i detenuti, «sospette» quando arrivano da chi è «parte fondante di questa classe politica». E annuncia che farà pervenire al presidente il piano carceri del M5S, che a giudizio dei grillini contiene «soluzioni più efficaci dell’indulto e dell’amnistia». E intanto dal sito di Grillo piovono insulti su Napolitano da parte di elettori vicini al movimento.

 


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