Telecom-Telefonica, il governo sapeva I Servizi: “A rischio la sicurezza”

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ROMA — Chi venne informato, quando e in che termini? La cessione di Telecom e della sua rete fissa agli spagnoli di Telefonica torna per un giorno ad essere questione politica e insieme istituzionale, oltre che economica. E riaccende un faro sulle responsabilità della sostanziale inerzia e apparente “sorpresa” con cui governo e vertici aziendali accompagnarono la vendita, salvo dirsene a posteriori “allarmati” (prima di dimettersi, il presidente di Telecom Franco Bernabé riferì in Parlamento di averla appresa dai giornali). Nel giorno in cui il governo ha compiuto un esame preliminare sulla praticabilità tecnica dell’esercizio del “Golden Power” per rendere più ostica la governance degli spagnoli e mettere così in sicurezza la rete, il titolo Telecom schizza in Borsa (più 6,24% a 0,65 euro) sulle voci, poi smentite dalla società, di un’imminente vendita di Tim Brasil, accade che l’audizione al Comitato Parlamentare di controllo sui Servizi (Copasir) dell’ambasciatore Giampiero Massolo, direttore del Dipartimento per le Informazioni e la Sicurezza (Dis), sveli che la nostra intelligence avvertì Palazzo Chigi dell’imminente passaggio di mano del controllo di Telecom e dei rischi concreti che questo presentava per la nostra sicurezza nazionale prima che la cessione venisse perfezionata.
La circostanza, già di per sé tutt’altro che neutra, ha avuto l’effetto di aprire immediatamente anche una delicata questione istituzionale. Claudio Fava, parlamentare di Sel e componente del Copasir, ha infatti contestato all’ambasciatore Massolo di aver tenuto all’oscuro il Comitato e dunque il Parlamento
su una questione decisiva per la sicurezza nazionale, svuotando di fatto i suoi poteri di controllo e vigilanza. «Quanto scopriamo oggi è un fatto grave – ha detto Fava -. C’era infatti il rischio concreto che l’azienda più strategica del Paese passasse di mano, e il Copasir lo ha dovuto apprendere a cose fatte». Un’obiezione cui Massolo ha risposto invocando un’interpretazione della legge di riforma dei Servizi secondo cui «unico interlocutore» del Dis per le attività di raccolta di intelligence sarebbe il governo. Non il Comitato, cui resterebbe un controllo di legittimità a posteriori.
«Mi sembra chiaro – è stata la risposta di Fava – che c’è un problema interpretativo della legge che regola il funzionamento dell’Intelligence e del Copasir. Perché se fosse corretta l’interpretazione di Massolo, questo significherebbe che la riforma dei Servizi a nulla è servita. Che la storia che rese necessaria quella legge (le vicende legate al Sismi di Nicolò Pollari, da Telecom, ad Abu Omar, all’ufficio riservato di via Nazionale ndr) nulla ha insegnato. Perché il Copasir, se Massolo ha ragione, null’altro sarebbe che un simulacro del controllo parlamentare. Per questo, prima di investire formalmente i due presidenti delle Camere della questione, ho chiesto al presidente del Copasir Giacomo Stucchi la convocazione urgente per lunedì dell’ufficio di presidenza del Comitato».


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