Prima rata Imu, il Pd ci ripensa Via il prelievo oltre i 750 euro

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ROMA — Il Pd fa marcia indietro e ritira l’emendamento che voleva far pagare la prima rata dell’Imu a proprietari di case che hanno una rendita catastale superiore ai 750 euro. Una mina sulla navigazione del governo di larghe intese, disinnescata dopo una riunione di emergenza a Palazzo Chigi. E sventata dopo gli interventi, tra prudenza e scetticismo, di Matteo Colaninno, responsabile economia Pd e Francesco Boccia, deputato vicino al premier Enrico Letta. Non arretra, invece, Scelta civica, che ha presentato due emendamenti analoghi e pretende garanzie che non aumentino altre tasse, come le accise sulla benzina.
La decisione è stata comunicata dal capogruppo pd in commissione Maino Marchi: «Abbiamo deciso di ritirare gli emendamenti perché abbiamo avuto assicurazioni dal governo del rispetto delle richieste poste su come si chiude il 2013». Tra le quali la copertura della Cig in deroga. Inoltre, spiega Marchi, ha assicurato che il meccanismo della service tax «si baserà su un rilevante comportamento patrimoniale progressivo», mentre i Comuni avranno «ampi margini di spazio» nella determinazione della quota che riguarderà i servizi. In commissione Bilancio era intervenuto il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta (Pd), che aveva dichiarato: «La service tax sarà costituita da due componenti, patrimoniale e di servizio. La prima, per sua natura, è progressiva e nella legge di Stabilità, la applicheremo».
Il ritiro degli emendamenti è stato salutato con favore dal Pdl, pronto alle barricate. Renato Brunetta aveva già accusato il Pd di essere «bolscevico» e di voler «colpire la piccola borghesia». Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in mattinata aveva invitato a «non sopravvalutare» le polemiche sull’Imu. E in molti avevano capito che, almeno per ora, il pericolo era cessato.
Il fronte più caldo, in questa partita, è interno al Pd. Gli emendamenti della discordia erano stati firmati da tutti i componenti pd della commissione (a parte Boccia), senza distinzione di corrente. Franco Debenedetti, già senatore ds e presidente dell’Istituto Bruno Leoni, aveva avvertito: «Dietro le polemiche, c’è il tentativo di Renzi di attaccare Letta e il suo disegno centrista, usando temi di sinistra». In molti puntavano il dito sui renziani che avrebbero «cavalcato» la proposta a fini di competizione interna. Illazione respinta dai renziani Dario Nardella e Ernesto Carbone. E da Angelo Rughetti, che insiste: «L’emendamento, firmato da tutti, non è contro i ricchi, ma chiede solo progressività». Lo stesso Renzi, in mattinata, aveva detto: «Si mettano d’accordo. Per me va bene qualsiasi soluzione, se c’è un impegno politico lo rispettino ma al di là di questo bisogna smetterla di guardarsi l’ombelico. Spero che il Paese colga questo momento per non continuare nei derby quotidiani».
Ma che la questione non sia finita lo dicono anche le dichiarazioni di altri esponenti del Pd. Andrea Orlando, ministro dell’Ambiente, spiega che il ritiro è stato «un atto di buon senso: ma non vuol dire non lavorare su un obiettivo di equità da inserire nella service tax». E Stefano Fassina: «La questione della rata di dicembre è un capitolo da scrivere. La priorità è l’equità: bisogna evitare di tagliare una tassa per poi metterne un’altra di impatto peggiore». Ancora più chiaro il pensiero di Gianni Cuperlo, uno degli sfidanti di Renzi: «L’Imu esiste in tutta l’Europa e viene calcolata in rapporto al valore dell’abitazione. È giusto che in Italia la stragrande maggioranza di chi ha la prima casa non la paghi. Chi ha proprietà rilevanti e un buon reddito mensile quella tassa deve pagarla. Non è un’angheria: basta lisciare il pelo ai proprietari».
All’attacco i 5 Stelle: «È il solito gioco di ricatti. I partiti delle larghe beghe hanno messo in piedi un suk nel quale sono entrati, come merce di scambio, anche il rifinanziamento della Cig in deroga e i fondi per l’emergenza abitativa. La maggioranza è allo sbando perché il Pd tenta di prendersi la rivincita sul Pdl. Mentre all’interno dello stesso Pd, c’è chi gioca a destabilizzare il patto che regge con gli spilli il governo Letta».
Alessandro Trocino


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