Nuovo piano Mps: 8 mila tagli e più capitale
MILANO — Il piano-salasso Mps è servito. Lo ha approvato un cda della banca ieri pomeriggio, e la Commissione europea che lo ha imposto più severo, lo autorizzerà entro il 14 novembre. I contenuti filano con le indicazioni che il commissario Joaquin Almunia anticipò un mese fa. Anzi per alcuni aspetti sono ancor più draconiani: l’anno prossimo la quota di prestito pubblico (Monti bond) che la banca stima di rimborsare sale a 3 miliardi – più dei fondi da raccogliere tramite ricapitalizzazione da 2,5 miliardi – e la tempistica sarà rigida: «se le condizioni di mercato non consentissero di completare l’aumento nei tempi stabiliti, il piano prevede la conversione del prestito in nuove azioni». In una parola, nazionalizzazione.
La prospettiva non spaventa i manager, né il fatto che i compensi dovranno adeguarsi allo standard Ue per i salvataggi di banche, con un tetto a 500mila euro fino ad aumento chiuso o al rimborso integrale dei Monti bond (nel 2012 l’ad Fabrizio Viola ha guadagnato il triplo). «Non partiamo da zero: dopo 17 mesi di lavoro intenso e grandi cambiamenti in banca, parte la fase 2 – ha detto Viola -. C’è una nuova condizione per riposizionare Mps come primaria banca commerciale con attraente profilo rischio-rendimento». E il presidente Alessandro Profumo: «Il piano conserva intatte visione e priorità strategiche ma consente di accelerare il rilancio attraverso rafforzamento patrimoniale e rimborso anticipato dei Monti bond, nel pieno interesse di tutti gli stakeholder».
Altri punti cardine del piano 2013-2017 sono le limature ai costi per altri 440 milioni, dei rischi sovrani e operativi. I costi caleranno per la chiusura di 150 sportelli (400 già fermati a settembre) e portando a 8mila il numero di ex dipendenti al 2017: di questi, 2.700 erano già usciti al 30 giugno; dei restanti 5.300, 600 se ne andranno tramite dismissione di attività, 700 per il mancato turnover. Per tutti Rocca Salimbeni auspica l’adozione del fondo interno di solidarietà, e da oggi avvia il confronto con i sindacati. Altri costi saranno abbattuti con «170 azioni realizzate o in realizzazione nel 2013», tra cui la ristrutturazione della criticata cartolarizzazione di affitti delle filiali “Chianti Classico”. Ma la scure potrebbe calare ancora, «se alcuni obiettivi commerciali e di reddito non fossero raggiunti». Il portafoglio Btp, tra le cause del dissesto Mps, entro il 2017 sarà alleggerito da 23 a 17 miliardi, mentre i rischi operativi e su derivati scenderanno per l’impegno a ridurre l’indice Var sotto la media. I ricavi saliranno dello 0,8%, così da produrre un utile sui 900 milioni al 2017, in rapporto col patrimonio netto (Rote) al 9%.
In attesa dei numeri ieri Mps ha svettato in Borsa: +6,26% a 0,23 euro tra scambi intensi. Ieri è stato
infine formalizzato il mandato a Ubs, che organizzerà il consorzio di garanzia dell’aumento. Formalizzando il pool entro il 15 maggio 2014, Mps potrebbe continuare a pagare le cedole dei bond subordinati. Con Ubs – advisor senza incroci pericolosi o cause legali con l’ex gestione Mps – torna in pista Andrea Orcel, architetto di tante operazioni dell’Unicredit di Profumo, oltre che dello spezzatino di Abn Amro che consegnò Antonveneta al Santander e poi a Mps.
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Se si interverrà sulle pensioni (tutto dipende dagli equilibri nella maggioranza), l’ipotesi che ha maggiori chance è l’anticipo al 2012 di quota 97, che altrimenti dovrebbe scattare nel 2013 e poi il suo aumento fino a quota 100-101.
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