Iran, su Twitter l’ultima svolta di Rouhani
DUE sole battute, ma hanno attirato l’attenzione del mondo. Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, manda un tweet al presidente iraniano Rouhani. Lui incredibilmente risponde – e promette di rendere i social media accessibili a tutti gli iraniani. «Good evening, President. I cittadini iraniani possono leggere i suoi tweet?» aveva chiesto Dorsey. «Buona sera@Jack. Come ho detto @camampour (nell’intervista con l’Amanpour alla Cnn, ndr),
i miei sforzi vanno per assicurare al mio popolo un accesso confortevole e globale a tutti i media, come è suo #diritto». Dorsey ringrazia e offre il proprio aiuto. Hassan Rouhani, succeduto in luglio a Mahmud Ahmadinejad alla presidenza della Repubblica islamica, è il più famoso utilizzatore di Twitter in Iran. Già pochi giorni fa, mentre Obama si accingeva a stupire il mondo annunciando la storica telefonata
con Rouhani – la prima dopo 35 anni di silenzio tra un presidente americano e uno iraniano – Rouhani twittava l’appena avvenuto colloquio. Rouhani è molto attivo su twitter, come lo è il suo ministro degli Esteri Zarif (diventato famoso per gli auguri agli ebrei per il loro capodanno), mentre la sua portavoce, prima donna a ricoprire quest’incarico in Iran, scrive su Facebook. Il problema è che i social media nella Repubblica islamica sono vietati, e praticamente inaccessibili dopo le manifestazioni dell’Ondaverde del 2009 per il timore che vengano usati per le proteste.
Nell’intervista alla Cnn, Rouhani aveva annunciato un nuovo corso: «Ci sono oggi in rete social media globali e credo che ogni essere umano e ogni nazione abbiano diritto a usarli ». Aveva avvertito che ci sarebbe voluto qualche mese. Pochi giorni prima gli iraniani erano rimasti allibiti trovando improvvisamente l’accesso libero ai media oscurati e avevano inneggiato in Rete «Grazie Rouhani!» Ma era stato un breve momento di libertà, che non era piaciuto a qualcuno. Un errore tecnico, avevano detto le autorità, e tutto era tornato come prima.
Rouhani sembra fare sul serio. Le sue aperture sul nucleare, i suoi contatti newyorchesi, e – anche se non esplicitamentela sua telefonata con Obama, che al suo ritorno era stata criticata dalle potenti Guardie rivoluzionare, sono stati approvati dal parlamento conservatore con una dichiarazione di sostegno al suo operato: un segnale che Rouhani continua ad avere l’appoggio del Leader Supremo Khamenei, senza il quale nulla è possibile in Iran. Pace, amicizia e negoziati rapidi, aveva promesso all’Onu, e subito ha fatto sapere ieri di avere «una proposta dettagliata» per i prossimi colloqui di Ginevra. Sulla quale spera si possa raggiungere «un pieno accordo», perché «lascia aperte le porte dei siti nucleari per tutte le ispezioni dell’Onu», senza rinunciare al principio, sancito dal diritto internazionale, di poter arricchire l’uranio e utilizzare la tecnologia nucleare in Iran.
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