VOGLIA DI PATRIMONIALE

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 «Oggi si potrebbe riproporre in tono non moralistico e vessatorio, ma in maniera intelligente. Io sono per una discussione esplicita: chiediamo agli italiani un contributo alla crescita, che riguardi tutti, un contributo alla crescita ovviamente proporzionale al reddito. Ognuno per le sue possibilità, dunque. In questo modo avremmo fondi da investire per lo sviluppo e il rilancio del nostro paese, tutti assieme». Parole in libertà o volontà governativa?
Da quando il governo Letta si è insediato, il binomio cancellazione dell’Imu e blocco dell’aumento dell’Iva è stato il tema principale della politica economica. Sull’Imu il Pdl ha ottenuto la sua vittoria di immagine ma non è ancora chiaro da dove verranno i soldi per la copertura del mancato introito. Ad esempio, il funzionamento della futura service tax è tuttora ignoto e, se i suoi introiti dovessero sostanzialmente equivalere a quelli dell’Imu, la riduzione del peso del fisco sarebbe una presa in giro.
Lo stesso dicasi per l’Iva. Il mancato aumento della stessa porterebbe a minori entrate per un miliardo, che su un totale di spesa pubblica superiore a 800 miliardi non sembrano tanti, eppure il governo dispera di farcela.
A ciò si aggiunga che il nuovo mantra che dovrebbe accontentare Confindustria e sindacati è quello della decurtazione del cuneo fiscale, cioè delle tasse sul lavoro. Pure in questo caso grandi annunci e promesse, ma di come concretamente realizzare la manovra non c’è traccia.
Il ministro Saccomanni è giustamente preoccupato di non sfondare la linea del Piave del 3% di deficit di bilancio. Paventa le dimissioni, ma finora, più che vaticinare l’ineluttabilità dell’aumento dell’Iva, non ha fatto. Abbassare la uscite statali non sembra rientrare nel suo orizzonte, altrimenti avrebbe presentato al governo un serio piano di riduzione, articolato per capitoli di spesa, con una tempistica realizzabile, sufficiente a bilanciare l’abbassamento delle entrate per Imu, Iva e tasse sul lavoro. Se il suo piano fosse stato bocciato, allora si sarebbe dimesso. Così si fa in un paese normale. Invece…
I partiti maggiori fanno
ammuina.
Il Pdl oscilla tra roboanti anatemi contro la burocrazia europea (Gasparri) con qualche esponente che non disdegna di sforare il limite del 3% e il “piano Brunetta”. In cosa consiste? Per lo più in nuove tasse! Attraverso la rivalutazione delle quote delle banche italiane in Banca d’Italia e un’imposizione del 16% sulla differenza, si ricaverebbero 4 miliardi. Con la rivalutazione dei cespiti di impresa, un miliardo di nuove entrate. Inoltre, con l’anticipazione delle accise dovute dalle imprese, altri 1,5 miliardi, essendo questo peraltro un mero trucco contabile. Poi: rinvio delle spese per gli investimenti per un risparmio di un miliardo: anche qui, un trucchetto di bilancio in attesa di tempi migliori. Inoltre, vendita di patrimonio dello Stato per un miliardo. Buona idea, ma risparmieremmo solo gli interessi sul debito pubblico, circa 45 milioni l’anno il che, tradotto per l’ultimo trimestre del 2013, vuol dire 11 milioni. Altra soluzione avanzata da Brunetta è la vendita di partecipazioni in aziende pubbliche (niente paura, alla Cdp, nessuna vera privatizzazione) per un miliardo, con un altro bel risparmio di 11 milioni. Si fa purtroppo confusione tra stato patrimoniale e conto economico. Ebbene, il Pdl, cane da guardia del fisco, propone un mix di nuove tasse, maquillage ragionieristici e 22 milioni di minori interessi e lo descrive come una risposta “seria” per “riportare l’Italia su un sentiero virtuoso di crescita”. Che avrebbero proposto se scherzavano?
Il Pd è in preda alla solita confusione. Epifani è decisamente il migliore. Il segretario Dem ha infatti dichiarato: «Passiamo il tempo a parlare di Imu e di Iva e non parliamo di investimenti in Italia. Le imprese estere non investono perché sono preoccupate della giustizia civile e amministrativa e della burocrazia ». E questo che c’entra? Detto dall’ex segretario della Cgil, poi, che della efficienza, meritocrazia e competitività all’interno dell’apparato burocratico italiano è stata sempre la vessillifera… Fassina ripercorre il solito ritornello: per bloccare l’Iva facciamo pagare l’Imu al 10% delle case più belle. Insomma, tassa contro tassa e in più irrealizzabile. Roberto Speranza, capogruppo alla Camera, si “augura” che il governo faccia il possibile per evitare l’aumento. D’altronde, nomen omen. Franceschini va sul sicuro e dichiara: «Per stare nei parametri europei o si aumenta la pressione fiscale o si taglia, sapendo che saran dolori». Ora, non si capisce perché più tributi dovrebbero essere meno dolorosi di meno spese, ma almeno il ministro si rifugia in Lapalisse e non può essere contraddetto.
E i 5 Stelle? Se un povero cittadino volesse sapere cosa hanno in mente loro? A meno che non ci si trasformi in topo di biblioteca degli atti parlamentari, impossibile saperlo. Gli epigoni della democrazia digitale non pubblicano niente. Allora ecco qualche dichiarazione qui e là: aumentare l’imposta sulle rendite finanziarie dal 20 al 25%. Oppure (Marco Corti): pasti gratis per tutti. Esclusione della componente lavoro dalla base imponibile Irap; tassazione agevolata per straordinari, premi produttività, tredicesima e quattordicesima; eliminazione acconti Irpef comunale; rateizzazione conguaglio fiscale di fine anno; esclusione dalla tassazione dei ticket restaurant; deducibilità degli abbonamenti ai servizi pubblici di trasporto e così via. Come si copre? Non si sa. E chi se lo chiede è probabilmente un complottista della Bilderberg.
Il più sensato sembra essere il viceministro Catricalà che si dice disposto a tagli lineari alla spesa pubblica sufficienti a evitare l’aumento dell’Iva. I tagli lineari non sono il massimo, ma in questo paese pare che nessuno abbia il coraggio delle scelte.
Nessuno, salvo il nostro sottosegretario Baretta, il quale ha tirato fuori dal cilindro la patrimoniale. Che poi, a ben pensarci, secondo la sua descrizione, non è una patrimoniale la quale si applica, per l’appunto, sul patrimonio, ma una sovrattassa sui redditi, come quella già applicata dal governo Monti e che comuni e regioni stanno elargendo a man bassa. Un po’ di precisione per favore: se proprio volete somministrare la purga, che sia almeno per via orale, non attraverso il naso. Quello dei contribuenti viene menato già abbastanza dalla classe politica.


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