Quel vertice di fine luglio e il regolamento che non c’è

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ROMA — Adesso tutti i partiti invocano la «golden share» ma, in teoria, la possibilità del governo di intervenire per tutelare il valore strategico della rete telefonica c’è fin dal 15 marzo 2012, quando il governo Monti approvò il decreto legge 21 che assegna allo stesso esecutivo «poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni». Solo che, come spesso accade, quel decreto per essere messo in pratica richiedeva successivi provvedimenti. Mentre il 30 novembre 2012 il governo adottò quello che individua le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, il regolamento sui restanti settori, tra i quali appunto le comunicazioni, non ha mai visto la luce. Arrivò in consiglio dei ministri il 27 marzo del 2013, ma non se ne fece nulla. Materia troppo delicata per un governo in ordinaria amministrazione (Monti si era dimesso a dicembre), si disse. Poi è arrivato l’esecutivo Letta. Nella pienezza dei poteri. Sono passati cinque mesi, ma il regolamento non è stato approvato. Farlo ora, dopo la mossa di Telefonica per impadronirsi di Telco, azionista di maggioranza di Telecom, è più complicato. Come al solito, è più facile prevenire che curare. E adesso il governo Letta «vigila», come ha detto il premier ieri da New York.
A fine luglio c’era stata una riunione tecnica a Palazzo Chigi tra i ministeri interessati, Economia e Sviluppo economico innanzitutto per riprendere in mano il regolamento. Si sapeva delle fibrillazioni intorno al futuro di Telecom. Sotto il governo Monti erano stati predisposti diversi testi. Alcuni più interventisti, che individuavano la rete telefonica in quanto tale un asset strategico sul quale il governo avrebbe potuto porre condizioni ad eventuali compratori. Altri testi più light che riportavano sotto la golden rule le parti della rete collegate alla sicurezza nazionale. Ma si è preferito soprassedere. Ha prevalso la preoccupazione espressa l’altro ieri dal viceministro dello Sviluppo, Antonio Catricalà: «Gli asset sottoposti a poteri speciali perdono di contendibilitá e quindi anche di valore». Telecom aveva urgente bisogno dei soldi di Telefonica. Sulla rete — che Letta si affretta a ribadire «è un asset strategico» — si vedrà.
Enrico Marro


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