Sfuma il sogno euroscettico «Ma la battaglia inizia ora»

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BERLINO — Appesi a poche migliaia di voti. Quelli che non arrivano, che per tutta la sera si aspettano all’Hotel Maritim, nella sala congressi di un albergone lungo la Sprea a Berlino, e che a poco a poco sembrano sfumare nella notte. Come l’ambizione, tra i sostenitori di Alternative für Deutschland, un partito con 7 mesi di vita appena, tra cravatte e molti capelli grigi, di arrivare in Parlamento. Di portare al Bundestag la prima formazione euroscettica, e forse apertamente populista del dopoguerra tedesco. Eppure, vista dal Maritim, questa è almeno una mezza vittoria. Come quando compare sul palco Bernd Lucke, 51 anni, professore di economia, quasi sconosciuto alla maggioranza dei tedeschi fino a poche settimane fa. Agita i fiori in mano, ringrazia la famiglia (ha 5 figli, con cui ha trascorso il mattino a Winsen, vicino ad Amburgo), è quasi radioso. Più tardi in tv dirà: «Ho promesso di più, e mi aspettavo di più. Però è un risultato forte, la battaglia inizia ora». Quella veramente importante, dice, è l’elezione per l’Europarlamento del 2014.
Chi è Lucke? Chi sono i suoi sodali che hanno sfiorato il 5% con un singolo tema: «No all’euro»? Lui si presenta così: «Per 33 anni ho votato Cdu. Sono un cristiano-democratico, tradito da questa Cdu scolorita». Un professore che ogni mattina inforcava la bici, prendeva il treno per Amburgo dove ha una cattedra di economia, finché il programma dei salvataggi europei non l’ha convinto (insieme pare, a due milioni di tedeschi) che l’Europa — e quel che conta per la Alternative, la Germania — con l’euro è destinata a un grande crash: perché non può esserci un’unica moneta per tutti. Ed è salito in politica.
Altri, in questo partito di professori, senza veri leader, sono personaggi più coloriti. Come il capogruppo di Berlino, e numero due nazionale, il polemico economista Joachim Starbatty. O la contessa Beatrix von Storch, principessa di Oldenburg, e cugina di Filippo d’Inghilterra: un’attivista presa di mira dagli antagonisti di sinistra. Sono i volti, anzi l’istituzionalizzazione, di quel disagio, di quel rifiuto dell’euro — e di una certa idea di Europa che mette in comune i debiti — che in Germania da diversi anni è trasversale. Che si è nutrita delle idee di economisti celebri come Werner Sinn, ha trovato alimento nel rigore monetario della Bundesbank, è stata benedetta da industriali come l’ex capo della Confindustria tedesca, Hans-Olaf Henkel.
E il popolo? Chi li vota? La prima analisi spiega che il maggior numero dei loro elettori, 450 mila, viene dalle file dei liberali. Poi la Linke (360 mila), la Cdu (300 mila) e infine i «non elettori» (240 mila), a testimoniare che il voto anti-euro pesca a destra e sinistra.
Però non c’è solo l’euro. In un programma messo insieme in tutta fretta, il secondo punto recita: limitare e guidare l’immigrazione, in linea con programmi di partiti xenofobi del Nord Europa. Poi, una nuova politica energetica (in parte sussidiata dallo Stato), e una politica estera aperta alla Russia.
Populismo? «Non siamo populisti», ripetono due dirigenti del partito di Berlino, Frank Hansel, economista, e Karl-Friedich Weiland, nell’incontro con un gruppo di giornalisti stranieri, avvenuto due giorni fa. «Siamo per la gente, con la quale le élite hanno perso ogni contatto». E non è precisamente questa la definizione di populismo? «Sono le élite che sbagliano». L’appuntamento è organizzato in una scuola di teatro e di costumi, sesto piano, gli scaffali pieni di maschere e parrucche: il partito non ha una sede per accogliere le delegazioni. «È solo evidente che tutti i Paesi europei non possono avere la stessa moneta — dice Weiland —. Certo mi piace venire a Firenze e pagare con l’euro, ma è sostenibile questa economia per voi?».
Quindi l’Italia fuori dall’euro? «Questo non è scritto nel programma». Però è quello che i due sembrano volere («ma devono decidere i singoli Paesi, attraverso metodi democratici»): ed è facile vedere come, appena si scende dal livello dei sommi dirigenti, le teorie rigoriste lasciano spazio ad argomentazioni da bar. Hansel e Weiland citano sia Mario Monti che Beppe Grillo. Solo il tempo dirà se, dietro alla maschera dei Professori, in Germania si è fatto largo il primo partito che, oltre all’euro, contesta da destra la politica e il «sistema».
Mara Gergolet


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