Pd, assemblea al via senza regole Letta si smarca: non ho candidati

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ROMA — Assemblea al via, ma senza le nuove regole. La due giorni del Partito democratico prende avvio questo pomeriggio alle 17, a Roma, mentre la Commissione congresso continua le sue sedute fiume (l’ultima ieri sera), senza arrivare all’auspicato compromesso. E con nuovi focolai di malcontento che si innescano nel partito, a cominciare dalla questione del tesseramento, sul quale arriva un appello a più firme, che suona come una condanna dell’azione della segreteria degli ultimi mesi. E se Matteo Renzi annuncia la sua presenza alla due giorni di via della Conciliazione, il premier Enrico Letta diserta, assente giustificato, inviando una lettera in cui rivendica la neutralità («non parteggio per nessuno dei candidati») e richiede il sostegno al governo del nuovo segretario.
Nella guerra di trincea che si combatte da settimane, i renziani provano ad avanzare lungo la linea di confine, erodendo terreno. Si combatte su più fronti: la data del congresso, le modalità di svolgimento, gli automatismi segretario e premiership e molte altre questioni che sembrano tecniche ma sono anche politiche. Per esempio, il costo delle primarie. Le casse del Pd non sono floridissime e un obolo per le primarie sarebbe un modo per compensarne i costi. E così si pensa di non far pagare nulla agli iscritti e chiedere una cifra di 2 o 3 euro per i non iscritti. È evidente che più si chiede e più si scoraggia la partecipazione. E per questo i renziani vorrebbero far pagare pochissimo o non far pagare affatto.
Anche, e soprattutto, sulla data si discute animatamente. I renziani vogliono fare in fretta. Da statuto il congresso dovrebbe essere il 7 novembre. Ma la soluzione più realistica, per i renziani, è il 24 novembre. Bersaniani e sostenitori di Cuperlo, invece, sono per prenderla con più calma, slittando all’8 o al 15 dicembre. Questioni di lana caprina, apparentemente. Ma votare più tardi aumenta le possibilità di sopravvivenza della legislatura: non ci sarebbero i tempi per andare a votare a febbraio.
E poi il tesseramento, drasticamente calato quest’anno. Oggi verrà diffuso un appello perché si lanci una grande campagna, con firme di peso: Fabrizio Barca, Pippo Civati, Debora Serracchiani, Laura Puppato, Goffredo Bettini, Felice Casson. Non allineati, anche se non necessariamente tutti della stessa area. Ognuno, però, ansioso di aprire il partito, come dice Casson: «Il segno che deve dare il Pd è quello di buttare giù i muri interni e di aprire finestre e porte all’esterno. Bisogna incentivare la partecipazione».
E mentre Luciano Violante riferisce di «non avere chiara l’idea di partito di Renzi», i sostenitori del sindaco ribattono punto su punto sulle questioni delle regole. Come i congressi regionali: il sindaco di Firenze vorrebbe farli contestuali alle primarie, i sostenitori di Cuperlo prima. Probabilmente si faranno, come punto di mediazione, dopo. Quando, è da decidersi. Renzi vorrebbe presto, entro febbraio-marzo, per non essere un generale senza esercito. Altri ricordano che ci sono due anni di tempo dall’elezione del leader. La discussione sulle regole continuerà probabilmente fino all’ultimo secondo utile. E solo alla fine si scoprirà se l’auditorium della Conciliazione avrà un nome consono al clima dell’assemblea.
Alessandro Trocino


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