IL VIDEO POSTUMO

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È identico il set, con i libri intonsi da allora, la scrivania linda, le foto dei figli rivolte allo spettatore, per ricordare che tutti abbiamo famiglia come alibi, il filtro sulla camera per cancellare le rughe. Identici gli slogan e i discorsi, il lancio di Forza Italia vent’anni più tardi come nei romanzi di Dumas, il Paese che ama, i magistrati che odia, i comunisti che non esistono più, ma lui li combatte lo stesso. Sarebbe da ridere, non fosse che ha ragione lui. Sono vent’anni che siamo fermi, ipnotizzati dalla televisione. Mentre tutto va in malora, i giovani non trovano lavoro e i meno giovani lo perdono ogni giorno. E Berlusconi è ancora lì a imbucare messaggi nei telegiornali, con perfino qualche capello in più in testa, ma negli occhi meno luce. È lo sguardo che impressiona, comparato a quello del ’94. Nel confronto si legge la parabola sua e del Paese intero, dalla speranza di «avere il sole in tasca» alla più limpida disperazione.
Alla crisi e al dramma di tante famiglie, di cui non gli importa un piffero, dedica un sospiro e dieci secondi, per passare subito agli affari suoi. Alla presenza del suo partito nella maggioranza, da due anni accanto agli orridi comunisti, non dedica neppure una parola. A conferma che il teatrino di falchi e colombe e pitonesse di queste settimane era soltanto un’immensa pagliacciata. Berlusconi sarà l’ultimo a far cadere il governo delle larghe intese, l’ultimo salvacondotto. Da oggi semmai si pone al Pd la questione se è possibile e decente rimanere al governo con un alleato così, un arruffapopolo in perenne campagna elettorale, pronto a far saltare tutto per aria quando i sondaggi daranno il via libera. Un pensiero in più per Enrico Letta e uno in meno per Giorgio Napolitano.
La questione della grazia è ormai agli archivi. Impossibile concedere la clemenza a un condannato che si esprime in questo modo a proposito di una condanna definitiva per
reati gravissimi. Il consueto rovesciamento della realtà è perfetto. La condanna definitiva in Cassazione è per il condannato la prova inconfutabile non dei propri reati, ma della colpevolezza dei giudici. Si tratta di un atteggiamento tipico dei criminali incalliti. Ma sarebbe ingenuo pensare che gli elettori di Berlusconi si possano scandalizzare. È già un miracolo che dopo questo ventennio si scandalizzino ancora gli elettori di sinistra quando arrestano qualche caporione del Pd. Berlusconi conosce il pezzo d’Italia che continuerà a votarlo, qualsiasi cosa abbia commesso. Anzi, proprio perché ha commesso qualsiasi cosa. A costoro si è rivolto, chiamandoli alle armi con il dito puntato come uno scalcagnato zio Sam. A quelli che fingono di non vedere e di sapere, come lui. Che in un ventennio non si è realizzata una sola promessa e il lungo periodo di governo di Berlusconi, il più lungo dal dopoguerra, ha coinciso con il peggior declino dell’Italia, la perdita di un quarto dell’industria nazionale, una recessione mai conosciuta prima. Ecco «il bene che ho fatto al mio Paese». È un colpo di spugna quello che invoca il messaggio di ieri. Non soltanto
sulle condanne, ma sulla storia del Paese. Se siamo al ’93, alla scrivania intonsa e ai libri lucidi, le foto rivoltate e la lampada d’epoca, Forza Italia e i comunisti e le toghe rosse, allora tutto è ancora possibile. Fermo immagine. Ma quando davvero
ne usciremo?


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