Suicidio, la difficoltà di stabilire le cause

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ROMA – Difficile stabilire le cause che spingono una persona a togliersi la vita, vari componenti aggregati fra loro possono condizionare tali comportamenti, non sempre e solo si può parlare di depressione: il disgregamento di un nucleo familiare, l’isolamento o l’abuso di sostanze possono essere alcuni dei fattori che accentuano il rischio. Giocano un ruolo importante la famiglia e anche la condizione sociale ed economica. I dati emersi dagli studi realizzati hanno individuato nel comportamento suicidario un fenomeno complesso, nell’indagine istituzionale “Il suicidio in Italia al tempo della crisi: caratteristiche, evoluzione e tendenze” condotta nel 2012 dall’Eures (Ricerche economiche sociali) si analizzano attraverso i dati Istat alcune tipologie di cause all’interno delle quali collocare i singoli eventi censiti. In base alle motivazioni riportate nei casi denunciati: una persona su due ha deciso nel 2010 di suicidarsi per malattia (4 su 5 suicidi per malattia di origine psichica) seguono le cause legate a motivi affettivi, il 6 per cento del totale dei suicidi secondo l’Istat sono legati a ragioni economiche (il 5,3% nel 2008 e il 6,6% nel 2009). Andando indietro nel tempo si evidenzia tra i dati, una crescita costante dei suicidi consumati in base al movente economico a partire dall’anno 2004, quando rappresentavano il 3 per cento del totale dei suicidi (nello specifico tra il 2004 e il 2010 si monitora un aumento del 52 per cento di tali suicidi).

Nel periodo che registra un forte impatto della crisi sul mercato del lavoro, i suicidi di disoccupati in Italia rappresentano il 13 per cento del totale dei suicidi. Dei disoccupati suicidi alta è la componente di quanti avevano perduto il lavoro ed erano alla ricerca di una nuova occupazione (il 79,6 per cento). Per ogni 100 mila disoccupati si  registrano 17,2 suicidie 5,6 suicidi tra gli occupati. Tra gli inattivi (pensionati, studenti e casalinghe), l’indice di rischio si attesta a 4,8 suicidi ogni 100 mila residenti. L’Istat segnala anche il rischio suicidario cui è esposto, in tempo di crisi, il mondo del lavoro autonomo (lavoratori in proprio, imprenditori e liberi professionisti). All’interno di questa componente si contano 336 suicidi nel 2010 valori di poco inferiori a quelli dei suicidi compiuti dai disoccupati. L’indice di rischio per queste categorie è pari a 10 ogni 100 mila imprenditori e liberi professionisti ed a 5,5 per i lavoratori in proprio. Tra i lavoratori dipendenti, categoria che in termini assoluti raccoglie la maggioranza dei suicidi ossia 790 nel 2010 (quasi il 26 per cento del totale dei suicidi) si registra un indice pari a 4,5 suicidi ogni 100 mila dipendenti. (slup)

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