I timori del Tesoro: almeno 15 miliardi per accontentare le parti sociali

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Dall’annuncio fatto dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi insieme ai segretario generali di Cgil, Cisl e Uil il 2 settembre scorso, i tecnici di via XX Settembre hanno provato a fare alcune simulazioni per capire quanto potrebbe incidere l’applicazione di quelle due pagine tanto scarne quanto pesanti e scoperto che alle casse dello Stato costerebbero come minimo 15 miliardi di euro. La valutazione è precisa e realistica, molto inferiore rispetto ai 50 miliardi calcolati dal think tank di Renato Brunetta, ma sufficiente per far correre ai ripari il guardiano del 3%. Imprese e sindacati, in quel documento congiunto presentato al governo al festival del Pd lunedì scorso, chiedevano di «ridurre il carico fiscale sul lavoro e aziende per aumentare il reddito disponibile e riequilibrare la tassazione sui fattori produttivi». In particolare di «ridurre il prelievo sui redditi da lavoro attraverso le detrazioni per lavoratori e pensionati ed eliminando la componente lavoro dalla base imponibile Irap e rendendo strutturali le attuali misure sperimentali di detassazione e decontribuzione per incrementare la produttività. Inoltre le parti sociali, in quell’inedito quanto importante Patto che segna l’inizio di un nuovo clima di collaborazione e di condivisione di obiettivi, hanno anche chiesto di utilizzare la leva fiscale per rilanciare gli investimenti produttivi e il rinnovo tecnologico delle imprese. «Troppe richieste e nessun impegno da parte loro per cambiare le cose» avrebbe commentato il ministro ai suoi collaboratori. Ma questo non significa che il Patto dei produttori non abbia una sua valenza strategica molto forte destinata a tracciare una strada nuova che ponga fine all’ideologia del conflitto, cercata e voluta con caparbietà dal leader degli imprenditori e che ha avuto come antipasto la firma dell’intesa sulla nuova rappresentanza sindacale annunciata all’inizio di maggio.
Ieri Confindustria ha preferito non commentare la bacchettata di Saccomanni. Tra Squinzi e il ministro del Tesoro c’è un grande feeling e la “pesantezza “ delle richieste — una lista della spesa ha osservato qualcuno — in fin dei conti fa parte del gioco del negoziato: chiedi cento per ottenere 50. Sul complesso tema degli aiuti alle imprese sane e del recupero del potere d’acquisto dei lavoratori, mercoledì Confindustria dedicherà il suo seminario del Centro studi-scenari economici il cui titolo è “Le sfide della politica economica”. Ospite d’onore sarà proprio il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni col quale dunque non mancherà l’occasione di un chiarimento. Nel merito, lo schema del Patto riassume in pillole il Progetto per l’Italia presentato ai partiti a gennaio da Confindustria prima delle elezioni. Le preoccupazioni del ministro del Tesoro, esplicitate a Cernobbio, sono giustificate dalla mole di richieste che ormai si assommano nei vari tavoli aperti (le assunzioni dei precari, il taglio del cuneo fiscale previsto per ottobre, solo alcuni) e dal clima di larghe intese che spesso significa più spesa. Nessuna reazione dai sindacati. Per loro, più attenti all’aspetto politico del Patto, è stato sufficiente l’intervento-correzione del presidente del Consiglio Enrico Letta.

Roberto Bagnoli


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