Sondaggio: Renzi al 78 %. Civati , l’ipotesi del ritiro
ROMA — È una percentuale, adesso, a turbare i sonni già non propriamente tranquilli di quel che resta della maggioranza del Pd. L’ha rivelata un sondaggio riservato che è girato sulle scrivanie di alcuni dirigenti del Partito democratico. Un sondaggio che non lascia spazio ai dubbi, tant’è vero che ha convinto più d’uno a saltare in corsa sul carro di Renzi e ha spinto altri, come D’Alema, per esempio, ad ammettere pubblicamente, davanti a militanti e iscritti, che il sindaco di Firenze vincerà.
Quel numero che ha convinto molti e infastidito tutti i bersaniani ha due cifre: 78 per cento. Sì, è proprio questa la percentuale che il sondaggio dà a Renzi in caso di primarie per il segretario. È chiaro che si tratta di una rilevazione fatta a bocce ferme, quando ancora Gianni Cuperlo non è entrato nel pieno della sua campagna elettorale. Al candidato di D’Alema (e ora anche di Bersani e di Marini) mancano ancora degli «endorsement» eccellenti, come quello che gli verrà a tempo debito dall’ex ministro Fabrizio Barca. Il quale, ancora fino a pochi giorni fa, ha subito il pressing di Rosy Bindi che lo vorrebbe candidato alla leadership.
Ma per il momento Barca non si muove. È convinto che sia da «presuntuosi» aspirare a quel ruolo quando si è iscritti al Pd solo da quattro mesi. L’ex ministro intervistato l’altro ieri alla Festa di Genova da uno dei volti più noti di La 7, Alessandra Sardoni, è stato prodigo di apprezzamenti nei confronti del documento di Cuperlo. Del resto, per uno come Barca, che non nasconde le proprie tradizioni («sono un socialcomunista» ha detto) è naturale che l’approdo sia quello e non il porto renziano. Che, peraltro, è molto affollato. Tanto da suscitare in Beppe Fioroni un interrogativo:«Non è che siamo passati dal collante dell’antiberlusconismo a quello del vincerismo? Non è, cioè, che si va tutti solo con chi vince senza pensare ai programmi e alle politiche?». Fioroni è uno di quelli che, probabilmente, si schiererà con Renzi, ma, come ha detto a qualche amico vuole farlo «a schiena dritta» e per questo intende prima capire quali siano le intenzioni del sindaco.
Renzi, com’è ovvio, non può non essere soddisfatto dello smottamento della maggioranza del Pd, però teme che ci sia chi voglia condizionarlo e chi punta ad avere un posto di dirigente anche nel dopo-Bersani. Perciò continua a dire a tutti: «Io non intendo trattare non dico le poltrone, ma nemmeno le seggiole».
Nel frattempo gli avversari del sindaco masticano amaro. Il terrore è quello di non riuscire a coagulare attorno a Cuperlo un congruo numero di consensi. Tant’è vero che già il 30 per cento viene considerato una vittoria. «Gianni — spiegava giorni fa Davide Zoggia — non è abbastanza conosciuto e dovremo assolutamente porre rimedio a questo problema». L’ipotesi, circolata in questo ultimi giorni alla Festa di Genova, che Pippo Civati possa alla fine stipulare un patto con Renzi e non candidarsi più (come Pittella, del resto) è vista come un’ulteriore conferma del fatto che ormai il sindaco di Firenze non ha avversari.
Anche quella sulle regole, del resto, sembra una partita persa. Infatti è impossibile per i bersaniani ottenere il quorum per cambiare lo statuto. Quindi tutto potrebbe restare tale e quale (proprio come vuole Renzi): la platea elettorale delle primarie, il fatto che segretario e candidato premier coincidano e la norma secondo la quale i segretari regionali vanno eletti insieme al leader nazionale.
I bersaniani, quindi, non hanno la forza per imporre le loro condizioni. Perciò hanno a disposizione una sola strada, fin quando saranno comunque loro a dirigere il Pd, cioè quella di applicare pedissequamente — e lentamente — lo statuto per la convocazione del Congresso. Potrebbero così ottenere di far svolgere le assise nazionali a cavallo tra febbraio e marzo. E di qui a quella data possono accadere molte cose. La seconda operazione per tentare di bloccare Renzi è quella, già messa in cantiere, di indire un referendum in tutti i circoli del Pd (cioè, tra gli iscritti) in cui si chiede la distinzione tra le figure di segretario e candidato premier.
Ma altre strade a disposizione degli avversari del sindaco non ci sono. E soprattutto non c’è un altro nome vero da contrapporgli al di là di quello di Cuperlo.
Maria Teresa Meli
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