I Grandi: «La crisi non è finita» L’emergenza lavoro sulla ripresa

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I SAN PIETROBURGO — L’emergenza è finita ma la ripresa non si è ancora affermata in modo equilibrato. E soprattutto la crescita è troppo debole per riassorbire la disoccupazione causata dalla crisi. Partendo da questa analisi, i capi di Stato e di governo dei 20 Paesi più ricchi della terra hanno affermato che «il rafforzamento della crescita e la creazione di posti di lavoro sono le principali comuni priorità». Da qui il pieno impegno ad assumere decisioni efficaci «per raggiungere una crescita equilibrata sostenibile, forte e ricca di lavoro». Il cambio di marcia del G20, che ha girato la boa dei cinque anni dal primo incontro, è significativo: non si parla più dei pericoli della crisi ma di ripresa, anche se «il nostro compito non è finito e siamo d’accordo sul fatto che resta fondamentale per i Paesi del G20 concentrare tutti gli sforzi verso una durevole uscita dalla crisi più lunga e prolungata della storia moderna».
Il cammino non è facile, ma si tratta, come ha detto il presidente del Consiglio Enrico Letta, di un percorso di impegni concreti e positivi. Come quello di dichiarare guerra all’evasione e ai paradisi ficali nonché all’elusione da parte delle multinazionali che riescono a pagare le tasse sui profitti dove più conviene, riducendo al minimo il proprio carico fiscale. O come quello, più importante di tutti, di rafforzare la crescita guardando alla creazione di posti di lavoro, soprattutto produttivi e di buona qualità, e soprattutto per i giovani.
Il G20 ha voluto una «task force del lavoro» per seguire da vicino i progressi fatti e gran parte del piano degli impegni che i singoli Paesi assumono in occasione dei vertici dei leader questa volta sono stati indirizzati sul binomio crescita-occupazione.
L’Italia non fa eccezione. «La disoccupazione è il grande incubo del nostro tempo» afferma Letta. Il premier, deluso per l’esito delle discussioni sulla Siria, ribadisce invece la sua soddisfazione per il ruolo non più da sorvegliato speciale assunto dall’Italia a San Pietroburgo. «Negli altri G20 ci avevano dato i compiti da fare a casa perché eravamo stati malandrini, oggi invece non prendiamo più le bacchettate sulle dita come nel passato, abbiamo da ragionare con gli altri sulle cose positive da fare per il futuro». Insomma «i compiti a casa vanno fatti, e noi li abbiamo fatti, ma poi bisogna che si veda il futuro, la terra promessa, non altri compiti ancora e sacrifici da fare». E queste cose da fare l’Italia le ha messe nell’«action plan» del G20 e vanno dal pagamento di tutti i debiti della Pubblica amministrazione entro il 2014 e dalla realizzazione del piano «Destinazione Italia» (che comprende dismissioni ma anche incentivi agli investimenti per attrarre capitali stranieri) alla semplificazione della giustizia amministrativa e civile, al lavoro. In quest’ambito l’Italia si è impegnata principalmente ad alleggerire le tasse. «Il governo considera essenziale abbattere il cuneo fiscale per rilanciare il lavoro in particolare per i contratti a tempo indeterminato. Lo abbiamo fatto per l’occupazione giovanile e lo faremo per il resto nei prossimi mesi attraverso una discussione con le parti sociali». Impegni, ha spiegato il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, che «saranno soggetti nei prossimi mesi, al pari di quelli presi da tutti gli altri Paesi, al monitoraggio da parte del G20».
Nel lungo documento finale del G20 sono stati anche toccati temi più tecnici e finanziari, come la regolazione dello shadow banking e la politica delle banche centrali. «Le politiche monetarie devono essere ben calibrate e chiaramente comunicate», afferma il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, riprendendo i timori dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) contro la fine delle politiche espansive della Federal Reserve. Il rientro dalle misure non convenzionali —raccomanda il G20 — deve essere accompagnato «da una crescita forte e sostenuta»
Stefania Tamburello


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