Confalonieri, missione al Colle Si tenta l’ultima mediazione

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ROMA — Nemmeno in guerra si interrompono le relazioni diplomatiche, e allora non è una fortuita coincidenza la nota del Quirinale con la quale Napolitano dice di confidare in Berlusconi per la tenuta del governo e il colloquio riservato concesso dal capo dello Stato a Confalonieri, presidente di Mediaset, membro del consiglio di amministrazione del «Giornale», ma soprattutto cuore braccio e mente del Cavaliere, l’amico di una vita, crocevia dei pensieri più intimi e delle iniziative più clamorose dell’ex premier.
Nemmeno in guerra si interrompono le trattative, e a Confalonieri è stata affidata l’ultima, la più difficile, per volontà del padre e della figlia, che l’altra sera attendeva trepidante l’appuntamento, siccome tanto i Berlusconi quanto i berlusconiani ritengono che sia «tutto nelle mani di Napolitano». Così il patron del Biscione, che di sé dice sempre «non ci capisco di politica», si è incaricato di parlare di politica con i politici, ha fatto il giro romano delle sette chiese, ha consultato amici e avversari, prima e dopo la sua salita al Colle.
Al Quirinale è giunto portandosi appresso il fardello di un destino a cui tiene e che è talmente grande da riverberarsi anche sui destini delle aziende, di un partito, del Paese. Perciò la delicatezza del momento lo ha indotto a muoversi con un sovrappiù di riservatezza, per rispetto verso Napolitano e verso Berlusconi, di cui conosce il genio e al tempo stesso la razionalità che in questa fase è però minata da un forte senso di sconforto.
Grazia, servizi sociali, il tempo utile da guadagnare in giunta al Senato per evitare la tagliola della legge Severino con la decadenza e l’incandidabilità del Cavaliere: da un mese il catalogo è questo, e non è cambiato. Ma per districarsi in un ginepraio di norme, procedure parlamentari, interessi politici e ragioni di Stato «è necessario muoversi senza far casino». Non si contano più le volte che «Fedele» l’ha ripetuto in queste settimane a «Silvio», sostenendo che «facendo cadere il governo non si porta a casa nulla». Epperò comprende l’amico, «come si fa a non capirlo», quando lo sente inalberarsi e impugnare la durlindana: «Già, ma poi quali sarebbero i vantaggi?».
Ciò che non tollera è l’insipienza tecnica e politica che ha condotto a questa situazione, gli azzeccagarbugli che frequentano i palazzi di giustizia e della politica. E ascolta con fastidio quelli del tanto peggio tanto meglio, quelli che «anche se nascesse un altro governo, sarebbe paralizzato perché noi controlliamo le commissioni con le presidenze». «Ma chi se ne frega delle commissioni, c’è di mezzo la vita di Berlusconi», ha urlato una volta durante una riunione, non avendo altro da difendere che «Silvio».
Ecco l’impolitico che si fa politico, quello che durante la visita a Napolitano mantiene la freddezza necessaria nel colloquio, ma ha il cuore piccolo perché si rende conto che stavolta l’amico dovrà accettare un compromesso, se vorrà, a meno di preferire la via della rottura. Perché l’agibilità personale per Berlusconi può essere garantita con un atto di clemenza, non l’agibilità politica, almeno non come la vorrebbe il Cavaliere. In un caso come nell’altro va posta la parola fine alla commedia degli equivoci, perché la partita è alle mosse conclusive, le opzioni sono sul tavolo ed è il momento per il leader del Pdl di scegliere.
Così Confalonieri — e con lui Gianni Letta — riportano a Berlusconi un messaggio che la nota ufficiosa del Quirinale conferma e che spazza via i sospetti, le preoccupazioni, le angosce della trappola coltivate dall’ex premier. Il segnale del Colle viene infatti accolto ad Arcore con sollievo, e il barometro che ancora l’altra sera segnava tempesta mentre Berlusconi discuteva a cena con la Santanchè, ieri sera faceva registrare un ritorno al sereno mentre Alfano veniva ricevuto nella villa del Cavaliere.
E chissà se questo stato d’animo durerà e alla fine prevarrà, è certo che il leader del Pdl ha riposto per ora in un cassetto il videomessaggio incendiario preparato mercoledì con toni bellicosi verso il governo, e ha iniziato a parlare di sé sempre in terza persona ma in altro modo, calandosi negli antichi panni dell’imprenditore, svestito dal ruolo politico e riconquistato all’azienda e alla famiglia. Quanto ci sia del presidente di Mediaset in questo (ennesimo) cambiamento non lo si saprà mai, è certo che l’amico di una vita negli ultimi tempi gli ha sempre consigliato questa strada, «e lo dico nel tuo interesse Silvio, che non coincide con quello di quanti si approfittano di te». Tocca al Cavaliere l’ultima parola. Confalonieri esce di scena, anche se lui giura di non esserci mai entrato.
Francesco Verderami


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