«Stop a nuove sale giochi» Governo battuto, caos conti

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ROMA — Sarà forse un effetto collaterale del clima di incertezza che regna da mesi ma il gioco d’azzardo è ormai diventato un tema centrale e quotidiano della politica. Il Senato ha approvato ieri a larga maggioranza, e contro il parere del governo, una mozione presentata dalla Lega che prevede uno stop alle nuove concessioni per le slot machine. La mozione non ha forza di legge: impegna il governo dal punto di vista politico non giuridico, e la storia della Repubblica è piena di mozioni approvate anche all’unanimità e poi del tutto ignorate. Ma il caso c’è tutto. Il Pd prova a minimizzare con Felice Casson: «È tutto avvenuto in un momento di grande confusione, in pratica si è trattato di un errore». Il governatore della Lombardia Roberto Maroni esulta via Twitter: «E adesso governo a casa». Le società che gestiscono le slot minacciano la serrata e parlano della possibile perdita di 200 mila posti di lavoro. Ma è in Senato che bisogna tornare per seguire il filo della giornata.
Il sottosegretario all’Economia Alberto Giorgetti annuncia la rinuncia alla delega sui giochi, dice che ci sarebbe una perdita da 6 miliardi di euro sul gettito, cioè sui soldi che vanno allo Stato grazie alle tasse sui giochi. Ma il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni gli rinnova la fiducia e con un comunicato fa sapere che la mozione è «inapplicabile perché il Governo compirebbe un atto illegittimo» e invita il Parlamento a «riconsiderare la posizione espressa». Il ministero sottolinea come la moratoria causerebbe una «forte diminuzione delle entrate in una fase estremamente delicata per la finanza pubblica». E poi aggiunge che, al di là dei conti, ci sarebbero anche altri problemi come il «contenzioso con i circa 200 operatori italiani ed esteri che hanno ottenuto la concessione», lo «spostamento in massa di giocatori verso il mercato illegale» e la «perdita della possibilità di contrastare il gioco patologico e l’accesso dei minori al gioco». Il governo, dunque, non ha alcuna intenzione di dare un seguito concreto al documento approvato ieri dal Senato. E per questo la Lega protesta. Ma se il comunicato fa rientrare il passo indietro del sottosegretario Giorgetti, resta aperto un caso, quello delle regole sui giochi, che nelle ultime settimane sta prendendo sempre più quota.
Proprio ieri lo stesso ministero dell’Economia ha registrato come nei primi sette mesi del 2013 le entrate del Fisco siano cresciute dell’1,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Continua il crollo dell’Iva, aumentano i frutti della lotta all’evasione mentre il gettito dei giochi ha una leggera flessione. Un meno 0,5% che però non incide sui numeri assoluti: solo nella prima metà di quest’anno il settore ha portato nelle casse dello Stato più di sei miliardi di euro, una volta e mezzo l’Imu sulla prima casa. Una gallina dalle uova d’oro che il governo è andato spesso a trovare per far quadrare i conti nelle operazioni più difficili. Proprio dai giochi viene una bella fetta dei soldi necessari per cancellare la prima rata dell’Imu, con l’accordo che chiude un vecchio contenzioso con le società che gestiscono le slot: 620 milioni di euro subito al posto dei 2,5 miliardi di penali chieste in primo grado dalla Corte dei conti. Una somma che al momento le concessionarie si rifiutano di pagare ma con una trattativa già avviata che si complica ancora di più dopo il caso di ieri. Se l’accordo non dovesse andare in porto, pur di far quadrare i conti dell’Imu il governo alzerà le accise su alcol e tabacchi. E non è l’unico fronte aperto. Anche per il decreto sulla scuola che il governo dovrebbe approvare la prossima settimana una parte dei soldi necessari potrebbe venire dalle imposte sulle bevande. Un’ipotesi che Federvini e Assobirra chiedono di scongiurare con un appello al presidente del Consiglio. La decisione finale arriverà la prossima settimana ma ormai l’orientamento è chiaro. Alcol, giochi, sigarette elettroniche e non: per far quadrare i conti il governo guarda alla voce vizi.
Lorenzo Salvia

 


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