Il M5S si spacca, Orellana pronto all’addio Grillo lo mette alla gogna: “Come Scilipoti”

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ROMA — Potrebbe lasciare, Luis Alberto Orellana. Il senatore del Movimento 5 stelle ci penserà in questi giorni. Ora è a Vilnius, in Lituania, in missione. Da lì conferma quel che ha detto: che le alleanze non sono un tabù, se si vuole cambiare la legge elettorale. Poi si difende: considera «grave » l’accusa di “scilipotismo” piombatagli dal blog. Non se le aspettava, quelle parole dure che certo – ha scritto un attivista – ma che il capo politico ha scelto di incorniciare in un post dal titolo «I nuovi Scilipoti». Parole che – lo ha capito subito – preludono a una nuova cacciata. Così, forse, toglierà il disturbo prima. Una mossa che neanche i senatori a lui più vicini avevano previsto. Lorenzo Battista, che su Facebook lo difende ricordando che è stato Grillo a parlare di «praterie per un governo con il Pd in caso fosse stato eletto Rodotà», dice che quelli che lo accusano non sanno chi è, non sanno che è un attivista da anni, che «a Pavia il Movimento 5 stelle è lui». Ivan Catalano, deputato lombardo, definisce il post che lo accusa «inaccettabile». Alessio Tacconi ricorda che «Scilipoti si è venduto, Orellana non lo farebbe mai».
All’uscita dalla mensa di Palazzo Madama, i grillini fumano e chiacchierano. E per un Sergio Puglia che dice: «I militanti scrivono anche a noi, lo stanno massacrando », ci sono ortodossi come Alberto Airola che sbottano sinceri: «Io a Luis voglio bene. L’ho conosciuto qui, ci ho lavorato. Non è un nuovo Scilipoti. Non sono d’accordo con lui, ma
di espulsioni vorrei non sentir più parlare». Perfino Vito Crimi confida: «È un amico che conosco da tanti anni e la cosa mi dispiace molto, moltissimo». Mentre Alessandra Bencini allarga le braccia: «Io dico sempre speriamo di no, ma qui… se non si capisce il valore del dialogo, del contraddittorio…». Le fa eco Francesco Campanella: «Il Movimento rischia di perdere i suoi colori, di mostrare solo la faccia cattiva».
In effetti, nonostante il capogruppo Nicola Morra continui a dire che se Orellana non cambia idea sulle alleanze «le strade divergono », Grillo e Casaleggio la faccia cattiva non vorrebbero mostrarla. I processi a Marino Mastrangeli e Adele Gambaro sono stati dei boomerang mediatici. Così, l’ideale sarebbe che i dissidenti andassero via da soli, magari spinti da pressioni che arrivano dalla base (non a caso sul blog è stato messo il post di un attivista). Una guerra di nervi, fatta per assicurare a un “talebano” la prossima presidenza del gruppo al Senato (in pole Paola Taverna e Barbara Lezzi, che ieri diceva: «Grillo pensa sempre quello che penso io»). Ma soprattutto, per purificare la truppa in vista della battaglia. È per questo che lo “staff” ha caldeggiato lo streaming durante la riunione della resa dei conti: i dissidenti non vanno più nascosti, ma stanati. E spinti ad andar via.
Perché a Genova e Milano ormai si ragiona solo delle prossime elezioni, che Grillo e Casaleggio vedono vicine, vicinissime. Il terzo VDay è stato lanciato per questo: sarà probabilmente a Genova, forse a novembre, a meno che il governo non cada e non serva anticipare tutto.
Una corsa, quindi, che va fatta senza palle al piede. «È chiaro che bisognerà cambiare i criteri di selezione – dicono nelle ultime riunioni alla Casaleggio Associati – l’ultima volta l’anticipo del voto a febbraio ci ha costretti a scelte sbagliate. Ci siamo ritrovati dentro gente che lì non dovrebbe stare». Così, quella che i grillini combattono in Parlamento è anche una battaglia interna: per accreditarsi come fedelissimi. Per ottenere quel secondo mandato che lo Statuto non impedisce. Alcuni vorrebbero far firmare un documento in cui ci si impegna a non fare mai alleanze con nessuno. Chi non lo sottoscrive, si mette fuori da solo. Altri dicono che non ce n’è bisogno, il regolamento parla chiaro, ma intanto cercano i “mandanti” di Orellana, «Ci sono persone che lo hanno aizzato e rimangono nell’ombra. Dovranno venir fuori», dicono i “talebani” nei corridoi di Palazzo Madama. Spalleggiati dai “falchi” della Camera, che sul caso Orellana non intendono chiudere un occhio.


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