Pdl a un passo dalla crisi Ma per la scelta si aspetta la Giunta di lunedì

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ROMA — Nel braccio di ferro che ormai ogni giorno si tiene nel Pdl tra chi vuole rompere al più presto e chi suggerisce debba essere il Pd a staccare la spina, ieri hanno prevalso i secondi. E così l’ufficio di presidenza del Popolo della libertà, che secondo alcuni si sarebbe dovuto tenere domani per aprire ufficialmente la crisi facendo dimettere i ministri, è stato rimandato alla prossima settimana. «Si terrà dopo il 9 settembre», rivela un ministro. Cioè dopo che l’avvio dei lavori nella giunta per le Elezioni del Senato avrà fatto capire l’orientamento sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Ieri infatti, nella riunione della presidenza della stessa giunta, non si è trovato un accordo sul calendario e tutte le decisioni sui tempi sono rinviate a lunedì prossimo, dopo il discorso del relatore Andrea Augello.
Lo slittamento dell’ufficio di presidenza del Pdl è arrivato al termine di una giornata convulsa, segnata da una girandola di incontri riservati tra esponenti di punta del Pdl e il segretario Angelino Alfano allo scopo di non fare precipitare una situazione assai delicata, dopo i venti di guerra del giorno precedente.
In mattinata Dario Franceschini invita esplicitamente il Pdl a mettere fine alle minacce di crisi di governo perché «danneggiano il peso e l’immagine dell’Italia». Un’accusa, quella del ministro per i Rapporti con il Parlamento, contro la quale si scagliano il collega di governo, Maurizio Lupi, e il capogruppo in Senato, Renato Schifani. «Non c’è alcuna minaccia da parte nostra — puntualizza Lupi — i dubbi sulla costituzionalità della legge Severino, pur avendola votata, possono esserci e sono legittimi». Molto argomentata la reazione di Schifani. «Non siamo pronti a nessuna crisi di governo, naturalmente tutto dipende dal comportamento degli altri partiti, non dal nostro la cui posizione è sempre chiara», sostiene l’ex presidente del Senato. Il quale poi aggiunge che «riflettere sulla costituzionalità della legge Severino è un obbligo per chi crede nella democrazia e nel rispetto del diritto, tanto più quando un ministro tecnico autorevole come la Cancellieri, responsabile del dicastero della Giustizia, dichiara che non si può non tenere conto dei pareri di prestigiosi giuristi di grande competenza e non sospettabili di partigianeria». Insomma, auspica Schifani, «ci auguriamo che gli esponenti del Pd non facciano prevalere la logica del pregiudizio e non si chiudano in una infruttuosa e pericolosa sordità».
Ma a lui (e a tutto il Popolo della libertà) risponde il segretario Guglielmo Epifani, rilanciando la tesi del ministro Franceschini. «Ancora una volta — sottolinea Epifani — il Pdl usa toni minacciosi che poi diventano minacce al Paese. Il Pd conferma la sua risposta. In giunta si devono ascoltare tutte le voci e decidere. Ma la decisione va presa su un dato fondamentale e cioè che la legge va applicata e non c’è nessun cittadino che sia al di sopra della legge. E noi vogliamo fare rispettare lo stato di diritto».
Questa schermaglia avviene mentre il Pdl continua a essere percorso da tensioni su come agire per realizzare al meglio la difesa di Berlusconi. Discussioni che si intrecciano con le voci di possibili defezioni da parte di alcuni senatori pronti ad appoggiare un eventuale Letta bis, qualora il partito decidesse di uscire dal governo di larghe intese.
Ebbene, per smentire questo brusio, ieri si è tenuta una riunione del gruppo a Palazzo Madama, il cui risultato è andato ben oltre lo scopo per cui era stata convocata. Ufficialmente si è voluto smentire che possano esserci senatori pronti a cambiare casacca. Non ci saranno traditori assicura il capogruppo Schifani accusando certa stampa di puntare a dividerci, «il Pdl è compatto e per questo abbiamo manifestato grande solidarietà a quanti sono stati indicati come traditori. Il partito è unito ed è pronto a qualunque tipo di battaglia».
In realtà, nelle due ore di dibattito, al quale non ha preso parte Denis Verdini, si è parlato anche d’altro. Lucio Tarquinio, a lungo applaudito, secondo numerose testimonianze, avrebbe criticato senza mai citarla esplicitamente Daniela Santanchè, seguito poi da Alessandra Mussolini e da altri. Non solo. Si sono anche esaminati con toni assai preoccupati i rischi dell’apertura di una crisi di governo. Ben difficilmente, è stato osservato, porterebbe al voto perché, in base ad alcuni calcoli che circolano, mancherebbero soltanto tra i 5 e 7 senatori per raggiungere una maggioranza senza il Pdl.
Lorenzo Fuccaro


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