Violenza sulle donne, l’attenzione non è mai abbastanza

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L’analisi dei dati (si ferma al 2006 ma il trend è evidente ed è continuato allo stesso modo negli anni successivi) dimostra come la violenza domestica sulle donne sia aumentata e come il grado di efferatezza e di gravità dei reati sia proporzionale al legame familiare: più si è vicini, più la violenza aumenta. È stato così coniato il neologismo di “femminicidio”.

Si dice che il fenomeno sia ora al centro dell’attenzione perché adesso le donne denunciano gli aggressori. Se ciò avviene sicuramente in misura maggiore rispetto al passato, la realtà ci parla invece di una bassa percentuale di denunce soprattutto quando riguardano congiunti.

Ci stiamo ormai assuefacendo a questa tragedia. Mariti, ex mariti, compagni, ex compagni, amanti, ex amanti. Non fa differenza alcuna. Professionisti, operai, ricchi, poveri, laureati, analfabeti, giovani, anziani: sono sempre gli uomini contro le donne.

Sintomo paradossale di questa stessa assuefazione è il profluvio di notizie drammatiche ormai quotidiane che ci raccontano di amore tramutato in paura e quindi in sangue e morte. All’ultimo fatto di cronaca seguono le riflessioni degli opinionisti o dei filosofi prestati al giornalismo, a cui seguono le dichiarazioni dei politici e lo sdegno generale. Il fenomeno intanto sembra dilagare.

Come sempre accade in Italia però si litiga pure sui numeri. Tra i vari istituti di ricerca che sfornano dati le discrepanze sono anche evidenti: se poi consideriamo che sui giornali troviamo toni esasperati e cifre eccessive c’è il concreto rischio di non credere che esista un’emergenza. Se nel 2012 sono state uccise meno donne rispetto all’anno precedente ciò non vuol dire che la situazione sia migliorata.

Le ricette per affrontarlo sono le solite: più educazione, più formazione, magari più repressione. Così ognuno può tranquillamente dire la sua. Non si sa quanto sia utile aggiungere ulteriori voci al coro. Quale sarebbe però l’alternativa? Tacere dando l’impressione di sottovalutare una piaga insostenibile che dal deserto del Messico arriva all’India passando per l’Italia e per tutte le “democrazie avanzate”? Anche questo non è possibile. Serviranno le parole di condanna o le analisi psicologiche? Forse, ma se anche un ragionamento solo potesse impedire un ulteriore dilagare della violenza, finanche un articolo potrebbe essere utile. Ben sapendo che ogni considerazione resta sempre parziale, perché davanti alla violenza che “quasi per simbiosi si è incollata alla nostra esistenza”, come cantava Gaber, si rimane abbagliati come davanti a un sole nero.

Occorre fermare gli assassini prima che colpiscano. Di qui la legge sullo stalking, l’aumento delle pene, la possibilità di carcerazione preventiva. Se quest’ultima possibilità deve essere garantita e utilizzata (è ridicolo che oggi finiscano in carcere in attesa di processo solo spacciatori, ladruncoli e immigrati irregolari) appare del tutto evidente che chi ha propositi omicidi non li muterà per una sanzione pecuniaria, per un foglio di via o per qualche mese di galera. Uscirà e forse sarà ancora più determinato. Non a caso molti omicidi si costituiscono dopo aver commesso il delitto. D’altra parte le forze dell’ordine non hanno la possibilità materiale di rendere innocue le persone che minacciano, pedinano, che rendono al prossimo la vita un incubo. Anzi a volte la denuncia diventa l’accensione della miccia che farà azionare il detonatore. Poi sempre si arriva in ritardo, quando ormai è davvero troppo tardi.

Si passa allora al livello precedente, quello della necessità di una nuova educazione degli affetti. E chiunque può ricercare le cause del fenomeno. Le femministe più determinate sono straconvinte che è tutta colpa dei maschi che non vogliono lasciar libere le donne di scegliere come condurre la propria esistenza. Tutto si tiene, è solo e soltanto un problema di emancipazione femminile. In alcuni casi le vestigia di una cultura arcaica, dove l’uomo comanda e la donna deve tacere, sono evidenti . Ma quando ci saranno le quote rosa, il divorzio istantaneo, la distinzione assoluta tra donna e femminilità/maternità, saremo a buon punto? Forse, ma non credo. Ciò non toglie che esiste il maschilismo, quel razzismo sessista che si riscontra nel linguaggio, nei gesti, nelle consuetudini di uomini e anche di donne che scimmiottano gli uomini. Gli insulti razziali sono violenti tanto quanto le minacce di morte.

Al femminicidio non si può dare esclusivamente una spiegazione psicanalitica, sociologica o “politica”. La tendenza di oggi è una fragilità estrema della propria interiorità. Ci si lega disperatamente all’altro, incapaci però neppure di immaginare una possibile solitudine. “Insieme ma soli” si intitola un libro di Sherry Turkle che analizza l’impatto delle nuove tecnologie sui rapporti umani. Abbiamo assoluto bisogno di relazione, ma sempre a nostro uso e consumo. Quando l’altro esiste per davvero oppure compie scelte che ci colpiscono, ecco l’incapacità di reggere. Aumentano così le depressioni (magari più frequenti nelle donne) o gli scoppi di violenza bruta (tipici dei maschi).

Trionfa la logica del possesso, dell’avere tutto sotto controllo. L’altra persona deve amarmi, se la amo io. Altrimenti la sua vita non ha senso – meglio sopprimerla; altrimenti la nostra vita non ha senso – di qui i casi di omicidio/suicidio. Trionfa la logica dell’istante, del tutto e subito: se quella storia è finita sembra finito il mondo, senza alcun futuro e alcun riscatto possibili. Il tempo è brevissimo, compresso. Va consumato. Così l’amore. Va sperimentato completamente, fino in fondo, non si può più aspettare, bisogna anticipare tutto, ad una età sempre più precoce. In ugual modo riteniamo ogni cosa reversibile. Quando giunge l’irreversibilità, magari di un amore spento, il senso stesso della vita scompare, lasciando mostri di morte e distruzione.

Piergiorgio Cattani


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