2015 l’ Europa pensa allo sviluppo: come ci arriveremo?

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A quasi quindici anni di distanza è giunto ormai il tempo di tracciare un bilancio di quanto fatto dai vari Stati per realizzare gli otto punti – oggi come allora indispensabili per tentare di migliorare il percorso di eguaglianza, parità e diritto alla felicità di tutti gli abitanti della Terra.

Leggerli tutti di seguito, elencati in una apparentemente semplice to-do-list, incute un certo rispetto ( 1. Sradicare la povertà estrema e la fame 2. Rendere universale l’istruzione primaria 3. Promuovere la parità dei sessi e l’autonomia delle donne 4. Ridurre la mortalità infantile 5. Migliorare la salute materna 6. Combattere l’HIV/AIDS, la malaria ed altre malattie 7. Garantire la sostenibilità ambientale 8. Sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo). Allo stesso tempo invoca un forte senso di responsabilità – voglio fare la mia parte perché tutto ciò si realizzi veramente- o scoramento – omammasantissima, manca un anno e mezzo e non siamo andati avanti- e la probabile guerra di Siria con il suo inevitabile corollario di sofferenza, vittime civili e profughi sta per colpirci come un pugno in piena faccia, pronta a dimostrarcelo.

Retrocediamo ogni giorno di più sulla scala del rispetto umano reciproco e, osservando bene, scorgiamo all’orizzonte il Premio Nobel per la Pace Barack Obama – sì, proprio lui- entrare comodamente nei panni busheschi di Commander in Chief, e dal solito palco stretto e cupo di Washington D.C. rincuorare il mondo, spiegando che non si tratterà di guerra ma di bombardamenti atti a prevenirla. Un ossimoro in piena regola, l’ennesima guerra aggettivata: sia essa santa, giusta o preventiva, è sempre stata e sarà sempre un massacro, uomini che uccidono altri uomini, sradicano abitazioni e sogni, distruggono esistenze e recidono alla base speranze di futuro.

Non è questa la via maestra, non questo il modo con il quale l’occidente un tempo opulento e autodefinitosi superiore, deve compartecipare al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio. La risposta, come detto più volte anche da Unimondo sta nella cooperazione internazionale, nel farsi carico, come Singoli e come Stati di chi ora appare affaticato.

Questo perché nel 2013 globalizzazione significa anche ciclicità dei problemi e dei periodi di crisi, ormai soliti ad attaccare a macchia di leopardo tutto il globo. Nessuno è immune, non esistono più Nord e Sud, Bianche e Neri, Oriente ed Occidente. Esisti tu ed il tuo prossimo. Diversi ma uguali, legati indissolubilmente dal diritto ad una vita dignitosa.

Per concludere, il 2015 sarà per l’Italia un anno di ulteriore responsabilità: a Milano, che per l’occasione si sta rifacendo – con parecchi problemi – il trucco, si terrà l’EXPO.

Il titolo è la miglior dichiarazione di intenti possibile: Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita. Auguri.

Fabio Pizzi


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