Mandela torna a casa «Ma le sue condizioni restano molto gravi»

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Questa volta l’ambulanza non si è fermata in mezzo alla strada, com’era successo all’andata, in quella fredda notte dell’8 giugno quando fu ricoverato d’urgenza per l’aggravarsi della solita infezione polmonare. Ieri Nelson Mandela si è rifatto i 50 km da Pretoria a Johannesburg. È tornato a casa. Fragile, attaccato a una spina, intubato, con il respiratore e i segni della maschera dell’ossigeno sul volto, ancora vivo.
Dopo 87 giorni in ospedale — la quarta degenza nel giro di un anno — Madiba (dal nome del suo clan) non è guarito anzi resta in condizioni critiche e c’è chi vede nelle dimissioni dal Medi-Clinic Heart Hospital di Pretoria il segno di un peggioramento delle sue condizioni di salute. L’ultimo viaggio. È quello che vuole la famiglia e lui approverebbe: passare quel che resta da vivere a casa, nella villa di proprietà nel tranquillo quartiere di Houghton a Johannesburg tra le jacarande e le conifere che gli hanno fatto ombra negli ultimi 20 anni.
Intanto però the Old Man è ancora lì, alla faccia della gaffe del presidente americano George Bush (padre) che ieri mattina ha diffuso un comunicato che annunciava il cordoglio per la dipartita di Mandela non dall’ospedale ma dalla vita. Invece è ancora vivo, il 18 luglio ha superato la boa dei 95 anni, ha fatto sbollire gli imbarazzanti litigi familiari sul posto dove mettere la sua tomba. Le voci dell’avvenuto ritorno a casa si erano diffuse sabato, smentite però dalla presidenza della Repubblica. Ieri Mac Maharaj, portavoce di Jacob Zuma, ha ufficializzato la notizia e la data: «Questa mattina, 1 settembre 2013, Nelson Mandela ha lasciato l’ospedale. Le sue condizioni restano critiche e a tratti instabili, ha detto Maharaj, veterano della lotta all’apartheid che ha vissuto la prigionia di Robben Island accanto a Mandela e con la sua grafia minutissima ne trascrisse l’autobiografia («Lungo cammino verso la libertà») riuscendo a farla uscire dal penitenziario nascosta in un album. Il primo presidente del Sudafrica democratico è sempre grave a causa delle sue «diverse malattie» dice Maharaj, ma i medici «sono convinti che potrà essere seguito a domicilio nello stesso modo in cui è stato seguito nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale. Se fosse necessario, sarà ricoverato di nuovo».
Tornando a Johannesburg, la città che più ha amato, Madiba porta con sé un pezzo di ospedale. Sua moglie Graça aveva già raccolto decine di lettere e di omaggi lasciati al cancello della clinica dal popolo di Madiba. Adesso è un’intera équipe medica che si sposta al capezzale del Vecchio. «È un giorno di gioia» ha detto Mandla, nipote prediletto che vorrebbe far riposare il nonno nel villaggio natale di Mvezo di cui è capo. Ai problemi polmonari, dovuti alla tubercolosi contratta nei 27 anni al fresco, si aggiungono diverse complicazioni (non solo renali). «Madiba è un lottatore — dice sorridendo Steven Moloto, guardia giurata di Johannesburg alla France Press — Sapevo che sarebbe uscito dall’ospedale». Un’altra (piccola) battaglia vinta. In attesa della resa finale, nel letto di casa.
Michele Farina


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