Il Papa archivia Vatileaks Bertone lascia il potere
CITTÀ DEL VATICANO — È atteso per stamattina dalla Santa Sede, a meno di colpi di scena sempre possibili con Bergoglio al soglio di Pietro, il nome del nuovo segretario di Stato vaticano. Papa Francesco, dopo i travagliati anni del salesiano Tarcisio Bertone e i difficili mesi di Vatileaks, torna alla vecchia scuola diplomatica d’Oltretevere e porta alla guida del “ministero” che si occupa degli affari interni e delle relazioni diplomatiche l’attuale nunzio in Venezuela Pietro Parolin.
La nomina diventerà effettiva dal prossimo 15 ottobre, giusto il tempo di permettere a Bertone, che fino al completamento del Report del Comitato Moneyval del Consiglio d’Europa sulle procedure antiriciclaggio del Vaticano e della Santa Sede resta a capo della commissione cardinalizia che vigila sullo Ior, di svolgere l’ultimo incarico:
presiederà il pellegrinaggio internazionale a Fatima il 12 e 13 ottobre. In questo modo Francesco potrà presentare personalmente il nome del nuovo “premier” vaticano ai cardinali del Consiglio della Corona riuniti a Roma i primi giorni di ottobre per riformare la curia pontificia. E soprattutto offrire loro il segnale che il Conclave che lo ha eletto aspettava dal 13 marzo: un italiano capace di fare diplomazia e di tradurre in pratica le aperture del pontefice come faceva Agostino Casaroli (non a caso maestro di Parolin) con Karol Wojtyla. Con questa nomina si chiude a tutti gli effetti la fosca stagione delle guerre tra cordate, e ritrova centralità la linea politica della mediazione che con Domenico Tardini all’epoca di Roncalli, e Antonio Samoré con Paolo VI, ha scritto le pagine più prestigiose della storia ecclesiastica del Novecento.
Parolin, 58 anni, aveva lasciato Roma quattro anni fa, quando era vice ministro della sezione esteri della stessa segreteria di Stato. Al suo posto Bertone aveva chiesto e ottenuto l’affi-damento dell’incarico a monsignor Ettore Balestero, diventato pochi giorni prima dell’inizio del conclave nunzio in Colombia. Erano giorni travagliati per la “gestione Bertone”. A fine agosto 2009 esplose il “caso Boffo”. Bertone chiese o ottenne qualche tempo dopo la riconferma alla guida della segreteria di Stato nonostante diversi porporati avessero iniziato proprio allora a manifestare non poche perplessità sulla sua governance. I litigi tra bande ecclesiali divennero all’ordine del giorno tanto che Benedetto XVI, proprio nella Messa in cui ordinò vescovo Parolin poco prima della sua partenza per il Venezuela (12 settembre), disse: «Il sacerdozio non è dominio, ma servizio». E ancora: le persone «nella società civile e, non di rado, anche nella Chiesa soffrono per il fatto che molti di coloro, ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità».
Fin dalle prime settimane dopo il Conclave si sapeva che Francesco avrebbe scelto al posto di Bertone un diplomatico. All’inizio il nome che più ricorreva era quello del cardinale Giuseppe Bertello, capo del governatorato e membro del Consiglio della Corona. Su Parolin, anch’esso dato in corsa, pesava l’età: a 58 anni diventa di fatto il più giovane “arruolato” in questa carica dopo Eugenio Pacelli. Bertello avrebbe anche rappresentato una scelta di mediazione con la vecchia guardia: da sempre vicino a Bertone, ha dimostrato negli anni autonomia e capacità organizzativa. Ma Francesco ha voluto una scelta di maggiore discontinuità, anche a motivo dell’ottimo lavoro svolto da Parolin in una nunziatura fra le più difficili e delicate. In suo favore ha giocato anche il parere positivo espresso dal cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga, honduregno, arcivescovo di Tegucigalpa, voluto da Francesco a capo del Consiglio della Corona. Parolin comunque ha dimostrato di non far parte di nessuna corrente. Avulso ai giochi di potere, ha prestato la propria collaborazione a diversi porporati di spicco della curia romana, da Casaroli ad Achille Silvestrini, da Angelo Sodano a Jean-Louis Tauran, fino a Bertone ottenendo unanime considerazione.
Dopo le settimane estive, dunque, Francesco inizia a rimodellare la curia romana secondo i propri desiderata. Ieri ha nominato segretario generale del governatorato padre Fernando Vergez Alzaga, direttore della direzione delle telecomunicazioni del Vaticano. Prende il posto del vescovo Giuseppe Sciacca, nominato segretario aggiunto del Supremo Tribunale della Segnatura apostolica.
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