Tre fronti aperti E Letta chiede unità al «suo» Pd

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Il giorno dopo il decreto sull’Imu, sulla Cig, sugli esodati e il piano casa, Enrico Letta assiste alle polemiche con una punta di distacco, tanto che si prende una mezza giornata libera. Oggi parlerà a Genova, alla festa del Pd, e traccerà gli obiettivi di medio periodo del governo: riforma elettorale e costituzionale, tasse sul lavoro da abbassare, semestre italiano di presidenza della Ue, l’anno prossimo.
Le polemiche di giornata, le accuse di Fassina, le risposte del partito del Cavaliere alle critiche del Partito democratico, lo lasciano in apparenza freddo, distante, consapevole di una dialettica che ormai fa parte del Paese ma che al Paese, spiegano a Palazzo Chigi, non fa certamente bene.
Non perché il dibattito politico non sia doveroso e benvenuto, ma perché contiene elementi giudicati sbagliati: nelle misure approvate l’altro ieri, per il presidente del Consiglio, ci sono norme e provvedimenti che sono parte integrante del programma del Partito democratico, altre che appartengono più alle corde del Pdl, ma tutte sono contenute nel programma del governo, sul quale è stata votata la fiducia all’inizio della sua esperienza, un programma che non è di nessuno e che serve soprattutto a risollevare il Paese, agganciare la ripresa economica e se possibile modernizzare il funzionamento della macchina dello Stato.
La polemica sull’Iva, in questa cornice, resta sulla sfondo: «Sino alla fine cercheremo di sterilizzare l’aumento, fa parte del programma, ma dentro i parametri di deficit entro i quali dobbiamo restare. Sappiamo che l’aumento avrebbe effetti negativi per l’economia, e faremo di tutto per trovare le risorse per lasciare l’aliquota così com’è. Fare ora una polemica è fuori luogo», dicono a Palazzo Chigi, interpretando il pensiero del capo del governo.
Oggi a Genova il premier farà un intervento che dovrebbe seguire tre grandi linee: la prossima legge di Stabilità, che servirà per impostare un programma economico di medio periodo e che conterrà la Service tax, misura cara al Partito democratico; l’urgenza di accompagnare la riforma della legge elettorale, di competenza del Parlamento, ma che l’esecutivo può stimolare; il ddl di abolizione del finanziamento dei partiti, che si spera marci in modo spedito, prima di Natale, insieme al percorso di riforme costituzionali, e dunque come primo passo al voto per istituire la commissione bicamerale.
Per questi motivi Letta chiederà al Pd di essere «unito, perché l’unità e la coesione del Pd dà forza a questo governo», è la convinzione. Insomma meno polemiche possibili, questo si attende il premier dal suo partito, e il maggiore contributo possibile per stimolare e consolidare l’azione dell’esecutivo, che del Pd ha bisogno, in termini di contenuti, suggerimenti, capacità di trovare forme di mediazione con il partito del Cavaliere, come del resto appena avvenuto con il decreto che ha riformato fra gli altri la tassazione immobiliare.
Le parole critiche del viceministro Fassina, l’incoraggiamento costruttivo di Berlusconi, inatteso sino a qualche giorno fa, i battibecchi fra i due partiti che sono ripresi dopo una giornata di tregua, le critiche severe e inattese di Monti, sono tutti pezzi di un dibattito importante, ma nel quale il presidente del Consiglio non vuole entrare, se non per farne questioni di merito, da affrontare poi in separata sede, quella dell’azione di governo.
Di sicuro oggi Letta non entrerà nel dibattito precongressuale del Pd, non parteciperà ai pronostici sulle mozioni e sui candidati, parlerà da presidente del Consiglio e non da esponente del Pd. O almeno ci proverà, secondo quanto ieri sera veniva riferito dai suoi collaboratori. Un atteggiamento analogo continua a tenere sulla vicenda di Berlusconi, «una questione importante e delicata, ma la sede giusta non è il governo, ma il Senato e la giunta. È lì che coloro che sono i protagonisti prenderanno le decisioni, io continuerò a fare questa distinzione e credo che gli italiani apprezzino questa distinzione».
Marco Galluzzo


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