Gas in Siria, oggi l’ispezione Onu Ma l’America: ormai è troppo tardi

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WASHINGTON — Gli Usa non hanno dubbi: è stato il regime siriano a usare le armi chimiche contro la popolazione civile. E dunque non c’è rimasto molto da indagare. La Casa Bianca ha infatti giudicato «tardiva e poco credibile» la decisione di Damasco di autorizzare l’intervento degli ispettori Onu. In base all’intesa raggiunta con i rappresentanti delle Nazioni Unite, gli esperti dovrebbero raggiungere questa mattina la zona dell’attacco e raccogliere elementi per svelare il mistero. Durante questa fase — hanno aggiunto le autorità — i soldati rispetteranno una tregua. Gli osservatori, però, sono piuttosto scettici, in quanto dopo cinque giorni è difficile riuscire a individuare «prove» utili. Le tracce dei gas, spiegano, svaniscono. Oppure, come ha denunciato il ministro degli Esteri britannico William Hague, «possono essere state distrutte».
L’iniziativa siriana è un tentativo dell’ultima ora mentre crescono i segnali su una imminente azione militare statunitense in coordinamento con gli alleati. Le navi armate di missili da crociera non sono lontane dalla zona operativa, pronte a colpire siti e basi usate dal regime per lanciare gli attacchi con i gas. Non escluso il ricorso ai caccia per una seconda ondata che spazzi via il sistema di comando e controllo. Indiscrezioni sostengono che tra i bersagli vi sarebbe la 155esima Brigata, uno dei reparti che fanno parte della Quarta Divisione, l’unità comandata dal fratello del presidente, Maher. Personaggio chiave dell’apparato repressivo, è stato più volte indicato come l’anima nera del regime, sostenitore di una linea senza cedimenti. Un profilo credibile che somiglia a ad altri parenti «cattivi», dai figli di Saddam Hussein a quelli di Muhammar Gheddafi. Molti di loro hanno fatto una brutta fine e Maher potrebbe seguirne il destino.
I ribelli siriani attendono gli sviluppi e potrebbero cercare di sfruttare l’eventuale operazione Usa per guadagnare posizioni. Non va dimenticato che il sistema lealista poggia spesso su «avamposti» che dominano assi stradali e villaggi. Ieri è stato rivelato che un carico di armi (in maggioranza munizioni e razzi anti carro) pagato da un governo del Golfo è arrivato agli insorti via Turchia. Si parla di 400 tonnellate di materiale che devono rafforzare l’arsenale degli avversari di Assad. In movimento anche i qaedisti di Al Nusra. I militanti qaedisti hanno annunciato che colpiranno le zone abitate dagli alawiti nella zona di Latakia, una rappresaglia al massacro dei gas. La fazione estremista è da tempo all’offensiva ma è anche impegnata in una lotta senza quartiere con i curdi siriani. Uno dei tanti sotto-conflitti che incendiano il quadrante. E altri potrebbero seguire.
Proprio riferendosi ai contraccolpi di un blitz Usa, i due alleati di Damasco, Russia e Iran, mettono in guardia la Casa Bianca. Per Mosca è necessario evitare gli errori compiuti in Iraq e dunque serve accertare con chiarezza cosa sia accaduto. Teheran, invece, dipinge scenari apocalittici: attenzione — dicono i mullah — le conseguenze saranno devastanti.


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