Il «grande firewall» non blocca i cinesi
Tutti connessi con i telefonini, il wi fi è ovunque e gratis. E Pechino è ormai un mega e-store Simone Pieranni
«Fuck the Great Firewall» è una delle espressioni in inglese più usate per chi è alle prese con la navigazione su Internet in Cina. Il web cinese infatti, per uscire dai meandri della rete con i caratteri, deve superare la Grande Muraglia di Fuoco eretta dai censori cinesi. Un bel problema, una frustrazione costante. Serve una Vpn, virtual private network, un software che consente di scavare un «tunnel» nella muraglia digitale cinese e uscirne – lentamente e con intoppi costanti – vincitori. Un bel problema, per altro neanche gratis (4 dollari al mese). Ma è un intoppo per chi? Principalmente per i laowai, ovvero gli stranieri che vogliono postare le loro foto su facebook o sentirsi una canzone o guardare un video su Youtube. Tutti siti proibiti in Cina, come Twitter, anche se facilmente raggiungibili. I cinesi, infatti, di Youtube, facebook e compagnia cantante, se ne disinteressano, non li usano. Navigano – e sono tanti – sui siti cinesi che forniscono servizi di svago e «social» tanto quanto i nostri siti occidentali. Semplicemente, sono realizzati ad hoc per i cinesi ed è probabile che ben presto ne sentiremo parlare anche dalle nostre parti.
Intanto: secondo l’ultimo report del China Internet Network Information Center, il numero dei navigatori on line cinesi ha raggiunto la cifra di 591 milioni di persone. Si tratta di un numero tipicamente «cinese», frutto di una crescita esponenziale. 591 milioni in Cina, significa che il 45 percento dell’intera popolazione è on line; basti pensare che solo sei anni fa la percentuale era del 16 percento. Modernizzazione, urbanizzazione e investimenti capillari nell’internet nazionale sono alcune delle principali cause di questo straordinario processo. 464 milioni degli user utilizzano un terminale mobile (in aggiunta o in alternativa a un computer o a un lap top).
Si è detto che l’Internet cinese è lento e costa tanto. Sarà, ma attraverso QQ – servizio di messaggistica – all’interno della rete cinese, si scaricano e inviano file multimediali pesanti nel giro di pochi secondi e un contratto con la China Unicom – una delle due compagnie telefoniche, l’altra è China Mobile – per la rete wifi casalinga, costa poco meno di 100 euro all’anno. E funziona un minuto dopo l’installazione del router.
Quello digitale cinese è il più grande mercato al mondo, popolato da milioni di utenti, da aziende che scavalcano ormai i confini nazionali, dell’e-commerce più redditizio sul pianeta. Non solo perché i cinesi utilizzano il web per giocare, divertirsi, scaricare applicazioni, comprare e – nota piuttosto interessante per il mercato italiano – per acquistare viaggi all’estero (voli, alberghi, tour). Kantar Media gruppo anglosassone che effettua ricerche mondiali, ha realizzato un sondaggio tra 100mila utenti cinesi che navigano via mobile, circa le loro abitudini e preferenze on line. Lo studio, pubblicato recentemente da Businessweek, ha riscontrato che il 59 per cento degli intervistati spende il proprio tempo su Internet frequentando chat e siti di incontri (gli speed date e in generale gli appuntamenti di dating sono un must nella cultura sociale cinese contemporanea), mentre il 43 per cento si è definito come utente «assiduo» dei social media.
In particolare, We Chat e QQ (della Tencent) sono i social media più utilizzati dal campione, mentre un elemento particolarmente interessante è dato dall’uso di Internet da chi si muove spesso. Si tratta di un’altra caratteristica importante degli user cinesi: essere sempre connessi, anche quando ci si sposta, in metropolitana, in autobus, in taxi e purtroppo per il traffico cittadino, anche in auto.
Chi ha viaggiato almeno un’ora per lavoro utilizza Internet tre volte di più di un user normale. Questo dato dice alcune cose, consigli preziosi per un operatore che si affacciasse al mercato digitale del Dragone: i cinesi si spostano, hanno tempi di percorrenza molto lunghi (anche ore tra la casa e il luogo di lavoro) e attraverso abbonamenti o ai tanti punti di wi fi gratuito vivono connessi 24 ore su 24. E – infine – l’utilizzo di Internet e della tecnologia ha primariamente uno scopo di svago.
Questo comporta due ordini di riflessione: come è possibile allora che l’Internet cinese sia il più censurato e allo stesso tempo sia ormai diventato una sorta di luogo dove si esprime la società civile? La censura innanzitutto è rivolta primariamente ai cinesi e comporta un fastidio per una minoranza, ovvero per chi usa Internet per informarsi. Al governo cinese interessa che siano i propri connazionali a non poter accedere a contenuti che parlano male della Cina. Allo stesso tempo, l’utilizzo della rete per organizzare scioperi o proteste e per mettere alla berlina il funzionario corrotto di turno, è un sintomo della rete che si è sviluppato solo nell’ultimo periodo e che, anche in questo caso, coinvolge solo una minoranza.
La grande maggioranza dei cinesi infatti usa Internet per divertirsi, con giochi di ogni sorta, e per comunicare. L’utilizzo di Wechat, un’applicazione che ora vede superare i confini nazionali (in Italia il testimonial delle pubblicità è Messi) sta ormai facendo concorrenza a Weibo, che costituisce d’altro canto uno dei casi di successo dell’Internet cinese. Il social network made in China è un mix tra Twitter, facebook e Instagram e consente anche la pubblicazione di video. 300 mila utenti cinesi lo usano e anche nelle chiacchiere off line una delle prime domande è: «qual è il tuo account di Weibo?». È il modo principale per comunicare, considerando che con 140 caratteri cinesi si possono dire molte più cose rispetto all’alfabeto occidentale.
Il popolo cinese ha ormai acquisito una dimestichezza totale con la rete, tanto che aumentando i viaggiatori, aumentano i casi di successo delle compagnie on line che vendono viaggi e soggiorni. Qunar (che in mandarino significa, «dove vuoi andare») ad esempio, è uno degli ultimi casi di successo: solo nel dicembre 2012 il sito Internet ha comunicato di aver gestito 150mila prenotazioni di voli al giorno. Divertirsi e viaggiare: è il cinese 2.0
Related Articles
Ceta: il cavallo di troia
Con l’accordo commerciale Ue-Canada la maggior parte delle multinazionali americane, già attive sul territorio canadese, potranno citare in giudizio nei tribunali internazionali privati le aziende europee, come con l’organismo arbitrale inserito nel Ttip
La vocazione globale dell’industria criminale
? Un murales messicano v© Reuters
Intervista. La guerra sporca ai narcos vista dallo scrittore e giornalista messicano Diego Enrique Osorno. Dal traffico di cocaina a Wall Street. La trasformazione della criminalità organizzata in un paese ostaggio dei narcotrafficanti e di ricchi uomini d’affari
«Iniziativa solitaria della divisione Basadhara»
Ajay Sanhi dirige l’Institute for conflict management, centro di ricerca con sede a New Delhi che pubblica tra l’altro il South Asia Terrorism Portal, autorevole osservatorio sui conflitti in Asia meridionale.