Palazzo Chigi gioca la carta privatizzazioni
MILANO — Non solo legge elettorale. Ma anche liberalizzazioni, calo della pressione fiscale e riforma dell’Imu. Se la cancellazione del Porcellum è l’imperativo categorico, in cima alla lista delle priorità del governo Letta c’è molta economia. Perché è quanto mai necessario approfittare del calo dello spread e agganciare il treno della ripresa europea, certificata dagli ultimi dati sulla crescita del Pil del Vecchio Continente.
Servono, però, risorse. E un modo per recuperarle è sfruttare il patrimonio pubblico. Immobiliare e societario. Il premier Letta ha ribadito in più di una occasione che in autunno «verrà presentato un piano dettagliato». Per la valorizzazione del Demanio potrebbe trattarsi del piano a suo tempo già elaborato dal ministro Tremonti che prevede il coinvolgimento degli enti locali proprietari; i quali potrebbe così incassare risorse importanti senza pesare sulle casse statali.
Diverso il discorso per la valorizzazione delle quote di maggioranza dei colossi pubblici, da Eni ad Enel fino a Finmeccanica e Ferrovie. E se ieri banchieri e mondo della finanza in genere si sono ben guardati dal commentare l’attacco frontale alla speculazione, in realtà sono ben pronti a sfruttare l’occasione per strappare ricche commissioni con l’attività di consulenza al governo.
L’unico che ci ha messo la faccia è stato l’amministratore delegato delle Ferrovie, Massimo Moretti. Ma non poteva esimersi, visto che il manager era tra gli invitati al meeting di Rimini: «Per quanto ci riguarda siamo pronti. È una scelta giusta: negli anni passati si è parlato molto di liberalizzazioni, ma senza anche la parte privatizzazione, liberalizzazione suona male».
Le risorse serviranno, tra i primi obiettivi, a saldare gli arretrati della Pubblica amministrazione con le imprese, oltre 90 miliardi di fatture non saldate. L’ambizione è di andare subito oltre quanto previsto (30 miliardi già quest’anno di cui 5 già pagati, 20 per il 2014). Secondo obiettivo, la riduzione della pressione fiscale, vista ormai come uno dei freni alla crescita, a cominciare dalla revisione dell’Imu, la cui riforma è stata promessa da Letta per la
fine di settembre.
Di sicuro, uno degli strumenti attorno cui ruoterà la politica economica del governo si chiama Cassa Depositi Prestiti (per oltre l’80% proprietà del Tesoro), il cui piano industriale per i prossimi tre anni prevede di mobilitare fino a 80 miliardi, di cui 6 di capitale di rischio. Venti miliardi saranno destinati al Mezzogiorno. E la Cdp – secondo le indiscrezioni – dovrà essere anche il perno del piano di valorizzazione degli immobili.
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