«Chiederà la grazia». Poi il legale frena
ROMA — Il presidente Napolitano ha parlato. Ha spiegato che le sentenze vanno rispettate, che in carcere Silvio Berlusconi non andrà e che la grazia, se chiesta, potrebbe essere concessa. E ora? Adesso tocca al Cavaliere decidere se presentare domanda. Ieri il suo difensore Piero Longo aveva detto ai microfoni di Radio Capital: «La grazia verrà prima o poi richiesta formalmente». Ma poi ha smentito: «Mi sono limitato a precisare le fonti normative per il beneficio che il presidente può concedere a sua assoluta discrezionalità». C’è tornato su il collega Franco Coppi: «Allo stato ci sono buone probabilità perché venga presentata, ma ancora non è stato deciso niente». In ogni caso c’è un «problema immediato, cosa fare in rapporto all’esecuzione della sentenza».
In attesa che il rebus si sciolga, sull’eventuale grazia è già battaglia. Beppe Grillo, dal suo blog, avverte: «Se Berlusconi sarà salvato, moriranno le istituzioni. Napolitano uscirà di scena nel peggiore dei modi. Il mio consiglio è che rassegni ora le dimissioni». «L’Italia — aggiunge Grillo — è una Repubblica parlamentare, il popolo dovrebbe essere sovrano, ma non conta nulla». «Chi state proteggendo insieme a Berlusconi? Quali poteri economici? Il vostro pericolante futuro, le vostre sconfitte, i corrotti? Un condannato per frode fiscale non può essere interlocutore della presidenza della Repubblica e del presidente del Consiglio», attacca il leader del Movimento 5 Stelle, mentre il grillino Di Maio rilancia la minaccia di impeachment . Anche Antonio Di Pietro parla di «attentato alla Costituzione» nel caso Napolitano si renda «complice di un condannato per sottrarlo alle sue responsabilità penali».
«Volgarità — le definisce Giuseppe Maria Berruti, presidente di sezione in Corte di Cassazione — che sono state superate dalle parole assolutamente chiare del presidente che richiama ciascuno alle proprie responsabilità: Parlamento, giudici e politici interessati ai processi in prima persona». Plaude alla nota di Napolitano anche Stefano Rodotà: «Ha fatto bene a chiarire l’equivoco in cui l’aveva trascinato il Pdl», dice. E aggiunge: «Le sue parole non sono uno spiraglio alla grazia ma ovvietà, semplici procedure». Grazia o non grazia, rimarca poi Rodotà, «Berlusconi dovrà comunque fare i conti con la legge Severino e con la pena accessoria», che lo rende ineleggibile.
Per il vicepresidente leghista del Senato Roberto Calderoli «il presidente dà un colpo al cerchio e un colpo alla botte». «Mi sembra — conclude — che il vero obiettivo sia quello di mandare avanti il governo, cercando di rassicurare tutte le componenti di questa strana maggioranza».
Virginia Piccolillo
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