Crisi, un italiano su quattro dai “compro-oro”
ROMA — Sicuramente luccica, ma il metallo prezioso che circola nel circuito sempre più ampio dei “compro oro” non è tutto di provenienza legale. Arriva, spesso, da furti e ruberie. Gli italiani intanto, messi alle strette dalla crisi, vendono i gioielli di famiglia per avere una riserva di contante: secondo un sondaggio pubblicato nel “Rapporto Italia 2013” dell’Eurispes lo ha fatto il 28,1% della popolazione, una percentuale triplicata rispetto all’anno scorso (8,5%). In prevalenza a rivolgersi ai “compro oro” sono i disoccupati (quasi l’80%) e le casalinghe (31,3%); il fenomeno è più diffuso al Sud. Secondo il Censis negli ultimi due anni 2,5 milioni di famiglie hanno venduto oro o altri oggetti preziosi. Si tratta di strategie di sopravvivenza, anche se a volte possono diventare l’anticamera della disperazione: per questo la “Legge sulla ludopatia” che sta per varare la Regione Lombardia vieta l’apertura dei “compro oro” a distanza inferiore ai 500 metri dalle sale da gioco.
Ma i “compro oro” non sono solo l’ultima spiaggia delle famiglie impoverite. La crisi sicuramente ne ha favorito la nascita e la proliferazione, ma la criminalità ne ha colto subito le potenzia-lità, e le sfrutta pienamente. Dietro le insegne si nascondono, spiega la Guardia di Finanza, sistemi
fraudolenti di esportazione, vendite in nero di oro nel territorio nazionale, commercio di oggetti rubati, aiutato da finte cessioni di onesti cittadini, riciclaggio e attività di investimento non autorizzate. Attività esplose negli ultimi mesi: dall’inizio dell’anno la Guardia di Finanza ha sequestrato oltre 179 chili di oro e di argento di provenienza illecita, con un aumento dell’86% rispetto allo stesso periodo del 2012. Inoltre finora nel 2013 sono stati denunciati 86 responsabili di traffico di metalli preziosi, 52 dei quali sono stati arrestati.
Le inchieste delle Fiamme
Gialle danno un’ampia panoramica dell’attività parallela di molti “compro oro”. A Modena una famiglia utilizzava 29 negozi per smerciare gioielli rubati, spesso provenienti dai campi nomadi. «Il materiale — spiega alla Guardia di Finanza — trasformato in lingotti d’oro è stato rivenduto realizzando guadagni illeciti per oltre 32 milioni, “ripuliti” attraverso l’acquisto di beni di lusso e immobili». Spesso i traffici sono effettuati su larghissima scala: quello dell’operazione “Fort Knox” coinvolgeva un intero distretto orafo (quello piemontese) mentre l’organizzazione criminale
aveva le basi in Svizzera, con “filiali” in Toscana e Campania. Anche in questo caso, le cifre sono più che rispettabili: oro e argento commercializzati illegalmente per il valore di 183 milioni.
A volte anche i clienti danno una mano: a Reggio Calabria un “compro oro” si serviva di atti di vendita che gli venivano firmati in bianco, così poteva scrivere cifre e quantità maggiorate, in modo da riciclare gioielli di provenienza illegale. Persino una tranquilla famigliola in vacanza può far parte dell’ingranaggio: «Il giorno di Pasqua al valico di Ponte Chiasso — raccontano le Fiamme Gialle — è stato individuato un cinquantatreenne residente in Svizzera che viaggiava con la moglie e i tre figli piccoli. Insospettiti dal comportamento dei viaggiatori durante il controllo, i finanzieri hanno trovato un doppiofondo con 110 chilogrammi di oro».
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