“Quegli adolescenti fragili chiedono di essere ascoltati”

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«IL silenzio può fare molto male. Cercare un ascolto e scoprire invece di essere semplici oggetti di giochi altrui è un brutto trauma. Non poterne parlare, può far arrivare un adolescente a cercare di uccidersi. Certo che ci vorrebbero più controlli per i social network. Con figli di quell’età, un genitore da solo può fare poco». Sul tema del cyberbullismo, lo psichiatra e terapeuta familiare Luigi Cancrini tiene a ricordare il problema della fragilità adolescenziale, ma anche a sottolineare la specificità del pericolo di luoghi virtuali come ask.fm.
Professore, lei sa degli ultimi casi di suicidio legati ai social network. A cosa la fanno pensare?
«A una novella di Cechov, Vanka.
Il protagonista è un ragazzo che vede la madre trattata come “socialmente” non all’altezza, ha problemi a scuola e si sente bruttino. Diventa oggetto delle attenzioni erotiche di un’adulta che gioca con lui, lo coinvolge. Ma poi, si rende conto che lei non lo “vede”: al suo posto potrebbe esserci chiunque. E si uccide. C’è, in quel racconto, una pena infinita dentro, e nessuno al quale comunicarla. Gli stessi ragazzi vittime del bullismo online, non possono parlare: sono come costretti al silenzio».
Eppure si entra in un social network proprio per comunicare.
«Infatti la delusione è doppia. Ci si illude di trovare dialogo, comprensione reciproca, interesse nei propri confronti. Invece trovi scherzi pesanti, insulti: scopri che sei oggetto di un gioco».
Come si può aiutarli?
«Sono traumi superabili se c’è un amico con cui condividere quel che accade. Un genitore purtroppo può difficilmente coprire quel ruolo. E l’adolescenza è l’età della dismisura delle reazioni: i tentati suicidi sono vissuti spesso da persone che poi se ne distanziano. Tanto più bisogna insistere sui controlli e sulla chiusura dei siti che non ne fanno a sufficienza».


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