Spending review delle famiglie si taglia anche su pane e medici

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ROMA — Via gli abiti nuovi, via il paio di scarpe in più. La carne di qualità già da un bel po’ è diventata un lusso, l’uscita al ristorante nemmeno a parlarne. Cinema e teatro – poi – un ricordo di altri tempi. La famiglia italiana media ha ridotto la spesa all’osso e va a tagliare anche su quello che una volta non si negava a nessuno: il pezzo di pane e il piatto di pasta. Sono finiti i tempi in cui le panetterie assomigliavano alle gioiellerie e l’occhio si perdeva fra i tipi, le forme e le qualità offerte: ora anche per l’alimento numero uno si bada al sodo. Poca quantità a basso prezzo.
Questa volta, a lanciare l’allarme di una situazione ormai giunta allo stremo non sono le associazioni di consumatori o dei commercianti, ma gli industriali. Che con preoccupazione notano come la lotta allo spreco e al superfluo – per chi ha redditi medio bassi – non basta più. Ora si “taglia” quello che una vola si “buttava”, come il pane. Ora si rinuncia perfino alle spese mediche.
In cinque anni, dal 2007 al 2012 – segnala un rapporto del Centro Studi di Confindustria la spesa media annua delle famiglie è scesa a 26.100 euro,
3.660 euro in meno rispetto al 2007. Una cifra che corrisponde più o meno ad un mese e mezzo di spesa in meno: quarantacinque giorni in cui la famiglia media – rispetto agli standard del passato – vive di aria e non compera nulla.
Peggio di tutto, spiega lo studio, stanno le famiglie del Meridione, ma anche le coppie senza figli con una capofamiglia fra i 35 e i 64 anni: quelle che ai bei tempi rappresentavano le vittima per eccellenza dei consumi facili e che oggi – probabilmente senza lavoro e senza nemmeno la pensione di un nonno (guarda caso è in controtendenza la spesa dei single over65 che almeno su quell’assegno possono contare) – tagliano anche quello che fino ad una manciata di anni fa era considerato l’essenziale.
Scontato il ritorno all’hard discount – spiega Confindustria approfondendo i dati Istat si scopre che le famiglie italiane sono tornate ad una cucina “povera”. Si comperano meno pane e meno cereali (meno 14 per cento fra il 2007 e il 2011) risparmiando 141 euro l’anno e riscaldando nel forno la rosetta avanzata dal giorno prima. In tavola si vedono ormai raramente il pesce ( meno 13,2 per cento), la frutta (meno 8,3), l’olio ( meno 11,8 in barba agli insegnamenti della dieta mediterranea), l’acqua minerale (meno 15,1) e il vino (meno 14,4 per cento. Se c’è da festeggiare si va a birra, visto che è più a buon mercato e al supermarket le offerte abbondano ( più 4,2 per cento). Fra i segnali più preoccupanti, fa notare la ricerca, c’è la rinuncia alla cura e alla prevenzione e il taglio alle visite mediche, crollate del 25,3 per cento per risparmiare una media di 110 euro l’anno.
Per abbigliamento, giornali e riviste, auto, il crollo dei consumi oscilla fra il 20 e il 30 per cento. Per la bigiotteria, i gioielli e gli argenti vola oltre il meno 65. Le famiglie, conclude Confindustria, soffrono sempre di più: fra il 2010 e il 2012 quelle che vivono fra disagi e “deprivazioni materiali” sono passate dal 16 al 24, 8 per cento. Raddoppiate, dal 7 al 14 per cento, quelle per le quali la “deprivazione è grave”. D’alta parte per cambiare vita decisamente in peggio basta andare in cassa integrazione.


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