La linea della Farnesina: Shalabayeva deve avere libertà di movimento

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ROMA — Il ministro degli Esteri Emma Bonino dirà oggi alla Commissione per i diritti umani del Senato che la priorità del governo italiano nel caso di Alma Shalabayeva è di assicurare piena libertà di movimento, compreso il diritto di recarsi all’estero, alla moglie del dissidente kazako Muhtar Ablyazov e a sua figlia, attualmente libere ma bloccate in Kazakistan, dopo essere state deportate il 31 maggio dall’Italia. Non si tratta quindi tanto di far tornare nel nostro Paese la signora, quanto di restituirle il pieno diritto di scegliere dove viaggiare e risiedere.

Sarà la risposta indiretta del capo della diplomazia italiana all’apertura formulata ieri dal premier kazako Serik Akhmetov, in un’intervista scritta al nostro giornale, nella quale veniva ipotizzata la possibilità del rientro in Italia della signora Shalabayeva e della figlia, dietro pagamento di una cauzione e soprattutto previe garanzie fornite dal nostro governo alla Repubblica dell’Asia centrale.

Detto altrimenti, il nostro governo sembra respingere ogni implicito parallelo con la vicenda dei marò, due cittadini italiani per i quali l’Italia ha dovuto assumere l’impegno d’onore di farli tornare dopo i permessi temporanei di rientro concessi dalle autorità indiane.

Da Astana, tuttavia, il governo kazako in una nota diffusa ieri sera lamenta, definendo il fatto «sorprendente», che le circostanze dell’episodio «siano state raccontate in modo distorto» e respinge ogni addebito d’interferenza, precisando che la decisione di espellere la Shalabayeva è stata «presa dalle autorità italiane» senza che la Repubblica del Kazakistan avesse «alcuna possibilità giuridica di influire su questo». La nota ricorda che la signora Shalabayeva «ha presentato alla polizia di Roma un passaporto falso», un reato punibile secondo il codice penale italiano con 4 anni di carcere.

L’intervento in Senato del ministro Bonino, che ieri ha smentito di aver mai pensato a dimettersi come conseguenza dell’affaire Ablyazov, si articolerà in due parti: la prima sarà dedicata a una dettagliata ricostruzione della vicenda, con il racconto documentato di tutti i passi che la Farnesina ha compiuto presso le altre Amministrazioni dello Stato e gli organismi internazionali sin dal 1 giugno, quando i consiglieri diplomatici dei ministeri della Giustizia e dell’Interno confermarono agli Esteri che la Shalabayeva e la figlia erano state prelevate e imbarcate la sera prima su un aereo privato diretto in Kazakistan. Nella seconda parte Emma Bonino affronterà gli aspetti attuali del caso, le iniziative del governo e i possibili scenari futuri.

Il punto sul quale la titolare della Farnesina non intende concedere nulla alle attese obiezioni e critiche che le verranno rivolte dai senatori è di non essersi mossa con tempestività a tutti i livelli per acquisire informazioni più complete e puntuali, o di non essere intervenuta politicamente con più decisione una volta avutele. Una linea che probabilmente farà risaltare in negativo il comportamento degli altri settori del governo coinvolti.

È chiaro che dopo due settimane di risposte evasive e parziali, il ministro degli Esteri ebbe un quadro dettagliato non prima del 20 giugno, giorno dell’incontro con il capo della Polizia Alessandro Pansa. La prospettiva concreta dell’espulsione del trafelato e invadente ambasciatore kazako Andrian Yelemessov si è posta soltanto dopo quella data e rimane ancora in piedi, sia pure come ipotesi fra le altre. Ma come ha anticipato la Bonino lunedì a Bruxelles, «la prima preoccupazione è non indebolire per reazione e controreazione la nostra presenza ad Astana». Tanto più che Yelemessov è ormai merce avariata anche per i kazaki, nel senso che anche se tornasse in Italia dalla sua molto diplomatica vacanza, «non lo riceverebbe più nessuno».

Il ministro sarà nel mirino anche per la sua storia di paladina dei diritti umani. Avrebbe dovuto, questa l’obiezione, farsi protagonista di un gesto più eclatante ed estremo per riparare all’ingiustizia subita dalle due donne. «Ma un ministro degli Esteri — viene fatto osservare — ha regole precise da seguire, competenze da rispettare, leggi da applicare e strumenti diversi, forse più efficaci, di quelli che ha un militante dei diritti umani. E questi deve usare in prima battuta».

Un riconoscimento all’azione della Bonino è venuto dalla figlia maggiore di Alma Ablyazova, Madina, che in una dichiarazione pubblica ha «ringraziato il ministero degli Esteri italiano per gli sforzi nell’interesse di mia madre e di mia sorella e sono anche consapevole dell’impegno personale del ministro Bonino, certa che sta facendo il possibile per trovare una soluzione».

Paolo Valentino


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