Governo, Renzi attacca ancora: così la maggioranza non dura

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ROMA — «Voglio bene a Enrico. Ma l’accordo tra Pd e Pdl non può durare molto. Tutti i giorni deve parlare con Brunetta e Schifani…». Matteo Renzi pronuncia queste parole nel tardo pomeriggio, intervenendo alla Festa del Pd di Carpi. E quello che arriva poco dopo da Firenze, mentre a Palazzo Chigi montava un’altra ondata di irritazione, sembra l’epilogo di un film già visto. Con la precisazione dell’ufficio stampa del sindaco che — anche stavolta dopo i titoli di coda — smorza i toni, nega l’attacco all’esecutivo e precisa che «Matteo Renzi non ha mai detto che il governo durerà poco».

Ma la sostanza che rimane dopo la giornata di ieri è che i blocchi si sono consolidati. Da un lato c’è Palazzo Vecchio, Firenze. Dall’altro c’è Palazzo Chigi, Roma. Da una parte della barricata c’è Matteo Renzi. E, dall’altra, Enrico Letta.

Il gelo tra il premier e il sindaco sull’incontro tra quest’ultimo e Angela Merkel non s’è ancora sciolto. E non tanto perché Guglielmo Epifani ha sparso un po’ di sale sulla ferita dicendo apertamente che «io non ne sapevo niente, di questo viaggio». Quanto perché, dopo ieri, il blocco di ghiaccio tra «Matteo» ed «Enrico» rischia di trasformarsi in un iceberg.

Non c’è soltanto la frase con cui il sindaco di Firenze, da Carpi, derubrica l’accordo tra Pd e Pdl alla stregua di qualcosa che non può durare molto. C’è anche, a Roma, la paura del fronte «governista» del Pd, sempre più convinto che Renzi voglia cavalcare il «caso Kazakistan». E che voglia farlo nello stesso modo in cui i suoi parlamentari hanno marcato il loro dissenso rispetto alla scelta dei Democratici di assecondare, mercoledì scorso, la decisione del Pdl sulla sospensione dei lavori del Parlamento.

Renzi, per ora, mostra due carte. La prima è una battuta: «Ho visto che Brunetta e Santanchè mi hanno tirato in ballo sulla vicenda Ablyzov. Per loro sembra quasi che la moglie del dissidente kasako l’abbia rapita io…». Ma la seconda, di carta, rimanda direttamente al punto chiave di tutta la faccenda. E cioè alla posizione di Angelino Alfano, che si trova sotto lo scacco di una mozione di sfiducia presentata ieri dal Movimento 5 Stelle e da Sel. Una mozione che, se passasse, rappresenterebbe il de profundis dell’intero governo Letta. «La sfiducia di Alfano? Il Pd deciderà nei prossimi giorni, credo sulla base delle spiegazioni che il governo darà in Aula», osserva il sindaco. Per cui, «aspettiamo che il governo racconti come sono andati i fatti…».

I fatti, per adesso, rimandano all’impossibilità che il governo possa sopravvivere all’uscita di scena del vicepremier. E stavolta, per il Pd, sarà altrettanto impossibile usare l’escamotage di annunciare la scheda bianca com’era stato fatto prima del voto sulla Santanchè alla vicepresidenza della Camera. Perché, stavolta, il cuore della questione è l’accordo tra Pdl e Pd. Lo stesso che, a sentire Renzi, non durerà ancora molto.

Il sindaco, intanto, conferma che la riserva sulla candidatura a segretario sarà sciolta formalmente a settembre. Per la definizione di quelle regole «che secondo me non vanno cambiate», è il pensiero palese. Ma anche, è il retropensiero di molti renziani, per vedere in che stato di salute sarà il governo Letta, se ci sarà ancora. Di certo, il diretto interessato promette che al congresso «staremo con chi vuole vincere e non solo partecipare». E poi giura che «questa non sarà la rivincita della volta scorsa», visto che le primarie contro Bersani «io le ho perse».

Ma, al fondo, rimane la sfida tra i due blocchi. Tra i Democratici sostenitori del governo, da un lato. E lui, «Matteo», dall’altro. «Se Enrico fa bene, io sono l’uomo più felice del mondo, Perché, prima che essere sindaco e candidato, sono cittadino d’Italia». Una toppa oratoria che a Palazzo Chigi non basta più. E che forse non basta neanche a quel Massimo D’Alema che oggi tornerà a farsi sentire presentando la nuova versione dell’Associazione Italianieuropei. Che sarà sostenuta da un’ottantina di parlamentari pd di tutte le correnti, che si ritroveranno presto per una «grande assemblea nazionale». Quando? Semplice, a settembre. Nel mese in cui Renzi farà il «grande annuncio».

Tommaso Labate


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